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Beach Volley grottesco: Lissandro se ne va

STAVANGER. Grottesco, è l’aggettivo più appropriato che ci viene in mente a leggere la notizia del repentino abbandono di Lissandro Dias Carvalho, responsabile fino a ieri a questo punto del Beach Volley femminile italiano, per una scelta di vita e di portafoglio che lo porta in Kazakistan. Sei mesi fa osservando la situazione del Beach Volley azzurro parlavamo di piccola bottega degli orrori. Le ragioni all’epoca già erano lampanti: nel precedente ciclo olimpico una coppia (Gioria-Giombini) rottamata quando era pienamente in corsa per il raggiungimento di Londra 2012 (poi solo sfiorata in autogestione), a metà di questa stagione la decisione di rompere la coppia Cicolari-Menegatti che aveva appena chiuso al quinto posto i Campionati Mondiali. Ma si era solo all’inizio.

Le puntate successive, che si concluderanno nelle aule di un tribunale: prima la promessa a Greta Cicolari di trovarle una compagna per concludere la stagione, la sospensione di sei mesi della pallavolista rea di avere citato un uomo nero su Twitter, un infortunio alla schiena, la rottura definitiva sfociata nell’interruzione della copertura medica, notizie di un contratto fino al 2016 che parrebbe essere stato risolto unilateralmente, e il ricorso in sede civile e penale da parte di Greta con tanto di documentazione audio di minacce ricevute da un dirigente federale. A margine di tutto questo la più che meritata Medaglia d’Argento al valore atletico del CONI.

Ora una domanda sorge spontanea: con quale leggerezza si possono affidare programmi (che normalmente sono quadriennali) a qualcuno che, in nome delle sue idee, opera scelte tecniche, e non solo, così radicali da provocare pesanti effetti collaterali e che svanisce nel nulla attratto da sirene economiche? O la fuga è proprio da addebitarsi alle possibili conseguenze dei procedimenti in corso? Crediamo che il buio tunnel nel quale si è infilato il Beach Volley azzurro non sia ancora finito.

 

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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