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Da Trafoi alla leggenda: Gustavo Thoeni

STORIE. Sono trentasette le medaglie d’Oro italiane alle Olimpiadi invernali e Olympialab, seguendo il rintocco del conto alla rovescia verso la Cerimonia di Apertura, vi propone ogni giorno il loro racconto: non pura cronaca ma una lunga storia sul filo dorato di 56 anni di Giochi Olimpici.

 

Da Trafoi alla leggenda: Gustavo Thoeni

Jean-Claude Killy alle Olimpiadi di Grenoble aveva sgominato la concorrenza: tre medaglie d’Oro nelle tre prove di Sci Alpino come solo Toni Sailer era riuscito a fare dodici anni prima a Cortina d’Ampezzo. L’Italia, dopo l’Oro di Zeno Colò del 1952, stava attraversando un periodo di vacche magre solo episodicamente lenito dall’anomalo titolo mondiale di Carletto Senoner ai Campionati Mondiali di Portillo. Nell’estate del 1968 il francese carico di medaglie si ritira e nel mese di marzo del 1969 Carlo Viglino su La Stampa titola “Il Killy italiano ha 16 anni”. Il soggetto in questione è un ragazzo, che in realtà di anni ne ha 18 essendo nato il 28 febbraio del 1951, nato con gli sci nei piedi in quel di Trafoi, tornante numero 46 dell’ascesa al Passo dello Stelvio. Tanto taciturno quanto talentuoso, Gustavo Thoeni si trova a giocare il ruolo del predestinato. Il padre Giorgio, sfortunato protagonista dei Campionati dei Giovani Fascisti e del Trofeo Valligiani alla fine degli anni Trenta e vincitore nella Discesa Obbligata al Campionato degli Avanguardisti del 1940 e della medaglia di Bronzo dei Giochi della Gioventù Hitleriana del 1941, ha il rammarico di avere forse mancato l’appuntamento con le Olimpiadi per colpa della guerra e con il pragmatismo tipico degli uomini di montagna fa crescere il figlio su due piste parallele: la scuola e lo sci. Gustavo, Gustav in quelle vallate, ha conosciuto il mito di Toni Sailer grazie a qualche rivista austriaca che ne celebra le imprese e si lancia giù dai pendii.

Nel 1965, a quattordici anni, la prima idea di fare sul serio arriva con la vittoria nel Trofeo Topolino, al Monte Bondone, competizione per giovanissimi organizzata dal vulcanico Rolly Marchi. Il primo degli stranieri in quella edizione è il norvegese Haker, c’è anche uno svedese, tal Ingemar Stenmark, che chiude al dodicesimo posto. Nella primavera del 1966 il giovane Thoeni vince a Caspoggio il Campionato Italiano Aspiranti nello Slalom Speciale e nello Slalom Gigante, due anni dopo è terzo nella Discesa vinta da Giuliano Besson e ottavo nello Slalom dei Campionati Europei juniores che si disputano in Jugoslavia. L’estate del 1968 porta rivoluzioni anche nello Sci azzurro: arriva a dirigerlo un trentacinquenne francese, Jean Vuarnet, che applica nuove metodologie di allenamento, rivoluziona i quadri tecnici inserendo alla guida dei giovani Mario Cotelli e parte da zero, senza gerarchie precostituite in una squadra che da dieci anni latita. A novembre nella squadra che si prepara alla nuova stagione a Sestriere vi sono molti giovanissimi e tra di loro il diciassettenne Thoeni che spesso e volentieri vince le gare di allenamento. L’appuntamento di inizio stagione è il Criterium della Prima Neve di Val d’Isere e Gustavo fa il suo esordio in Coppa del Mondo: nel Gigante parte nell’ultimo gruppo di merito e risale fino al quarantesimo posto a 10”45 dal vincitore, l’austriaco Karl Schranz. Il 4 gennaio 1969 esordisce tra i pali stretti nello Slalom di Berchtesgaden: parte con un pettorale oltre il numero 100 e chiude al ventiquattresimo posto mettendosi dietro tutti i compagni azzurri tranne il piemontese Clataud, sedicesimo. Le scuole chiamano, Gustavo frequenta la quinta ginnasio, e la cavalcata si interrompe per il ritorno sui banchi. Non è uno stop completo, il sabato e la domenica il papà Giorgio lo porta spesso a gareggiare ma non si può seguire gli itinerari della Coppa del Mondo. Lo si ritrova a marzo sulle nevi di Caspoggio nel Trofeo Vanoni dove è primo nella manche di apertura dello Slalom e chiude al settimo posto dopo una caduta nella seconda discesa. Mario Cotelli è soddisfatto: “Non voglio dei giovani contabili ma atleti che si buttano al limite delle loro possibilità. L’esperienza insegnerà ad essere più freddi e a evitare errori come quelli commessi da Thoeni”. E la vittoria, importante, arriva nella Coppa delle Alpi o concorso delle Cinque Nazioni alpine a Val d’Iserè il 28 marzo 1969; non è prova di Coppa del Mondo ma in questa gara che chiude la stagione ai nastri di partenza ci sono i migliori francesi dell’era post-Killy come Jean Noel Augert – secondo nella Coppa del Mondo che si è conclusa una settimana prima, leader della classifica dello Speciale e vincitore due mesi prima del Gigante dei giganti quello di Adelboden -e Patrick Russel, i migliori svizzeri tra i quali Dumeng Giovanoli che si è imposto nell’ultimo Gigante di Coppa, degli austriaci manca solo Karl Schranz. Gustavo li mette tutti in fila vincendo lo Slalom Gigante e diventa “il Killy italiano”.

Il dado è tratto, anche a casa Thoeni ci si convince di avere in mano un tesoro al quale viene concesso di dedicarsi a tempo pieno allo sci. E Gustavo non perde tempo e passa l’estate tra allenamenti e gare: a luglio è sul ghiacciaio dell’Alpe d’Huez per il GP estivo dove è secondo nel Gigante vinto da Jean Noel Augert, a agosto va in Australia e continua a risalire la classifica FIS a caccia di pettorali migliori. E vi riesce: secondo nello Slalom della Thredbo Cup preceduto solo dal francese Duvillard, quarto nel Gigante il giorno successivo, terzo nel Gigante della Wills Cup dove si impone il tedesco Christian Neureuther. Si schiudono per lui le porte del primo gruppo di merito nel Gigante, del secondo nello Slalom Speciale.
Arriva la benedizione di Zeno Colò, “Punto soprattutto su Thoeni, e al Criterium della Prima Neve di Val d’Isere la prima vittoria in Coppa del Mondo. Nel Gigante che apre la stagione Gustavo chiude la prima manche ad un centesimo da Patrick Russel e compie un capolavoro di coraggio e nervi saldi nella seconda discesa; alla fine precede in classifica Russel di un secondo e 11 centesimi, terzo a 1”57 Jean Noel Augert. E’ nata una stella. Nei mesi che portano ai Campionati Mondiali di Val Gardena l’impatto del diciottenne di Trafoi sul grande sci è devastante: secondo il 20 dicembre nel Gigante di Lienz dietro a Russel, primo nello Slalom di Hindelang il 4 gennaio, quarto nello Slalom di Wengen una settimana dopo, sesto nel Gigante e secondo nello Slalom di Kitzbuhel, a fine gennaio a Madonna di Campiglio vince due Giganti ed è secondo nello Slalom.

Il silenzioso ragazzo di Trafoi ritrova su di sé la pressione di tutto l’ambiente che lo attende ai Mondiali italiani come il salvatore della patria sciistica. E’ quarto nello Slalom Speciale vinto da Jean Noel Augert davanti a Russel, scivola su una placca di ghiaccio e cade nella prima manche del Gigante. “Un sogno svanito” dice Gustavo dopo un lungo giro nei boschi di Santa Cristina mentre qualcuno riesce a parlare di delusione. “Il tifoso è crudele… quanto Thoeni fallisce una porta dello Slalom i titoli delle pagine sportive si fanno drammatici” commente il grande Giovanni Arpino. Un secondo e un terzo posto in Slalom nelle tappe americane chiudono la stagione, la prima nel Circo Bianco, che porta il terzo posto nella classifica generale di Coppa del Mondo a 8 punti dal vincitore Karl Schranz e a 5 da Patrick Russel, il primato nella classifica di Gigante e il quinto posto in quella di Slalom.
La sconfitta in Val Gardena non piega il carattere di Thoeni che nella stagione successiva conquista la prima Coppa del Mondo della sua carriera con le vittorie negli Slalom di Madonna di Campiglio e di Heavenly Valley dove si impone anche nel Gigante come la settimana precedente a Sugarloaf. L’azzurro è campione di regolarità, sale sul podio altre 8 volte e conquista la sfera di cristallo con 155 punti, venti di vantaggio su Henry Duvillard, trenta su Patrick Russel.

La stagione 1971/72 è quella che culmina nelle Olimpiadi di Sapporo; già a novembre Jean Vuarnet è deciso,” Thoeni andrà in Giappone per vincere qualche medaglia, non una soltanto”. Gustavo sembra non riuscire più a vincere, inanella piazzamenti su piazzamenti ma non sale sul gradino più alto del podio e a momenti lascia trapelare un filo di nervosismo. Ad inizio stagione lo ha frenato un incidente in allenamento a Sestriere e poi la lenta ripresa che a gennaio gli ha permesso di conquistare due secondi posti in Slalom e un terzo posto in Gigante. A chi dopo una delle prove più deludenti gli chiede le ragioni risponde “Io mi preparo per le Olimpiadi”. Quando sale sull’aereo per il Giappone è solo quarto nella classifica di Coppa del Mondo preceduto dai francesi Duvillard e Augert e da Karl Schranz, Patrick Russel a Wengen si è infortunato molto seriamente. Dopo la delusione gardenese, la cautela è d’obbligo: “Saranno le Olimpiadi di Thoeni?” titola La Stampa interpretando il sentimento diffuso.

Gustavo è tredicesimo nella Discesa Libera ma non era certo la gara dove poteva ambire ad un podio mentre lo zero assoluto nella casella delle medaglie italiane lo carica di maggiori responsabilità. La vigilia della prima manche dello Slalom Gigante (che si disputa ancora in due giornate) cerca di mantenere il suo distacco nell’incontro con i giornalisti: “Questa è una pista che mi va perfettamente bene. Nessuno può giurare di vincere, perché basta la frazione di un attimo d’incertezza per compromettere tutto ma credo di fare una buona gara”. Nella prima manche Gustavo parte con il numero 9 preceduto da Eberardo Schmalzl con il 3, suo cugino Rolando ha il 27. Quanto Thoeni parte dal cancelletto di partenza il tabellone all’arrivo mostra il miglior tempo del tedesco Alfred Hagn con 1’31”78. Gustavo ha visto cadere alcuni nel primo micidiale muro e scende molto controllato nella parte iniziale per non rivivere il fantasma della caduta e alla fine non riesce a scalzarlo con il suo 1’32”19. Il primo gruppo è chiuso dal norvegese Haker (quello del Trofeo Topolino), un mostro di irruenza, che si piazza in vetta con un vantaggio di 8 centesimi su Hagn. Il francese Duvillard, uno degli avversari più temuti perde il controllo degli sci e cade. Nel dopo gara e prima della lunga notte che precede il secondo impegno, Thoeni si lascia sfuggire una dichiarazione sul filo del rasoio tra la fiducia nei propri mezzi e la spavalderia, “Sono sicuro di vincere, o la medaglia d’Oro o niente altro, dell’Argento e del Bronzo non so cosa farmene”.

La prima pagina della Gazzetta dello Sport dopo l’Oro di Sapporo

 

Il mattino successivo, nella manche decisiva, i primi quindici dell’ordine di partenza del giorno precedente scendono a posizioni invertite. Haker cerca di controllare la sua irruenza ma a metà pista incoccia in un paletto, non cade ma si ferma. Al cancelletto Thoeni sa che il suo rivale è fuori dai Giochi e il suo computer personale lo porta a non rischiare più del necessario, rinuncia alla voglia di strafare e ottenere il miglior tempo di manche. Confesserà di aver avuto paura a metà percorso di essere andato troppo piano e di avere sbaglia qualcosa nella seconda parte del tracciato ma si insedia al primo posto: 1’37”43 il tempo di manche, 3’09”62 il tempo totale che lo porta a precedere gli svizzeri Bruggmann e Matt di 1”13 e 1”37. Non resta che attendere il tedesco Hagn che scivola giù dal podio a 1”54 da Gustavo. Thoeni viene travolto dagli appassionati ma mantiene la sua tipica freddezza. “Soddisfatto?” “Abbastanza. E’ una gran bella vittoria però la Coppa del Mondo mi aveva anche dato molta soddisfazione”. “Mi piacerebbe ora che ci ho provato gusto portarmi via anche lo slalom speciale”.
La doppietta gli sfuggirà, ma questa è un’altra storia, solo per la lucida follia dello spagnolo Francisco Fernandez Ochoa che trova la gara della vita relegandolo al secondo gradino del podio davanti al cugino Rolando.

(8. continua)

Contenuto ceduto in esclusiva dall’agenzia alaNEWS. Riproduzione vietata. Anno 2014.

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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