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Doping: lo sport non controlli sé stesso

DOPING & CO. Sull”inefficacia di un sistema sportivo nel quale le sanzioni in materia di doping sono amministrate all’interno dello stesso sistema la comunità che si interessa quotidianamente al problema dell’alterazione delle prestazioni sportive è concorde. Qualche settimana fa, Sandro Donati, in una intervista Panorama, ha ribadito il concetto:  “I controlli non li può fare un organismo che è strettamente interessato alle performance e alla vendibilità del prodotto ciclismo. Chiaro che per l’Uci più elevato è lo spettacolo e il livello delle competizioni e più ci sono introiti”. Si riferiva al ciclismo ma nella frase successiva chiariva che il problema investe tutto lo sport, “è’ chiarissimo che un business di questo genere viene tutelato con una gestione del controllo antidoping ancora più debole”.

Alle stesse conclusioni è arrivata la commissione del Senato francese con il suo rapporto, pubblicato due settimane fa, che dopo il clamore per alcuni nomi accomunati all’EPO nel Tour del 1998 tutti, tranne crediamo una decina di persone, hanno riposto nel cassetto. Nel corso delle audizioni la commissione d’inchiesta ha registrato “una larga convergenza sulla richiesta che i poteri disciplinari siano tolti alle federazioni”. Non è possibile, infatti, avere l’obiettivo dei risultati e del numero delle medaglie e allo stesso tempo non cadere nella tentazione di favorire l’utilizzo di tutti i mezzi, leciti e non leciti, per raggiungere lo scopo. Si tratta di un evidente conflitto d’interessi che non può sfuggire a chi osserva.

Il ciclismo ne è un esempio: la Federazione francese non ha mai più raggiunto il numero di tesserati che aveva prima dell’esplosione del caso Festina nel 1998 e l’UCI ha avuto il suo ruolo fatto di complicità nell’affaire Armstrong e di mancanza di volontà nel colpire la sua gallina dalle uova d’oro. Per buona pace dei ciclofili, il rapporto evidenzia anche il caso del Tennis dove nel 1997 l’ATP passò sotto silenzio la positività per metamfetamina di Andre Agassi. E’ evidente il disagio per un ente impegnato nella promozione, anche commerciale, di una disciplina sportiva nel colpire i suoi “migliori” testimonial.

Mentre le Federazioni e i Comitati Olimpici devono assolutamente impegnarsi nella prevenzione del fenomeno, l’unica soluzione è che i controlli e l’amministrazione della giustizia in materia di lotta al doping siano demandati ad un organismo completamente indipendente, una comunità scientifica che possa godere della massima autonomia dalle istituzioni dello sport.

 

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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