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Nella nebbia splende la stella di Paola Magoni

STORIE. Sono trentasette le medaglie d’Oro italiane alle Olimpiadi invernali e Olympialab, seguendo il rintocco del conto alla rovescia verso la Cerimonia di Apertura, vi propone ogni giorno il loro racconto: non pura cronaca ma una lunga storia sul filo dorato di 56 anni di Giochi Olimpici.

 

Nella nebbia splende la stella di Paola Magoni

E’ la notte tra il 16 e il 17 febbraio, Sarajevo. Notte di vigilia dello Slalom Femminile che assegnerà il titolo olimpico. Dorme la diciannovenne Paola Magoni, non ha molto da perdere l’indomani. Lei è la più giovane del gruppo che dovrà cercare di salvare l’Italia dello Sci Alpino dallo zero nel medagliere, figlio del ricambio che ha portato al ritiro i protagonisti della valanga azzurra e Claudia Giordani, medaglia d’Argento proprio otto anni prima ad Innsbruck. Dorme e sogna Paoletta, “scendevo tra i pali e sentivo di andare forte”, racconterà, “non c’era nessun altro. Ho tagliato la linea del traguardo, mi sono voltata e ho visto che sul tabellone elettronico avevo il miglior tempo”. Non ha molto da perdere. Altre sono le favorite. Lei ha conquistato il posto alle Olimpiadi nell’ultimo Slalom, un sesto posto a Limone Piemonte, dove si è imposta Daniela Zini, medaglia di Bronzo ai Campionati Mondiali di Schladming due anni prima. Nella località piemontese il secondo posto era andato a Maria Rosa “Ninna” Quario che in stagione aveva già vinto a Sestriere. Sono loro due le punte di diamante azzurre per lo Slalom che devono pensare alla svizzera Erika Hess o alla francese Perrine Pelen.

Nata a Selvino, con gli sci messi ai piedi dalla più giovane età, con i fratelli Livio, Oscar e Sonia, quattro in una manciata di anni, dal padre. Negli anni nasce lo Sci Club Magoni con il pulmino guidato dal signor Franco per muoversi da una discesa all’altra. Paola, la più promettente, è affidata alle cure del maestro Toni Morandi. A 12 anni, nell’inverno tra il 1976 e il 1977, entra nella squadra promesse della nazionale italiana, due anni dopo nella squadra B. Nel frattempo il telecronista Paolo Valenti la ha battezzata con il suo viatico: “Una ragazza che segue le orme delle migliori sciatrici e pone la sua autorevole candidatura a succedere a Claudia Giordani”. Nell’autunno del 1980 entra nella squadra di Coppa del Mondo dove ritrova Toni Morandi ed esordisce nello slalom speciale di Piancavallo del 13 dicembre, classificandosi al quattordicesimo posto. Riesce a disputare altri due Slalom ma non va oltre questa posizione. A fine stagione pensa di smettere, di non essere all’altezza del Circo Bianco. E’ il padre a convincerla a continuare, ad avere pazienza, “Non puoi ancora essere la migliore. Hai solo 17 anni”. Nella stagione successiva, Paoletta Magoni vince, a Auron, il titolo mondiale junior di Combinata ma l’esplosione in Coppa del Mondo si fa attendere. Nell’inverno del 1983, inizia a vedere con più costanza le prime dieci posizioni negli Slalom: è sesta a Pinacavallo, ottava a Limone, Davos e Furano. Arriva la stagione olimpica: inizia a Kranjska Gora con il quattordicesimo posto, è dodicesima al Sestriere e sesta a Limone, la gara che gli assicura la partecipazione alla prova olimpica di Sarajevo e il sedicesimo posto alle soglie del primo gruppo di merito che in Jugoslavia ottiene per l’assenza di Hanni Wenzel. All’Eco di Bergamo, che non la pubblica per scaramanzia, la Magoni rilascia una intervista nella quale mostra tutta la sua grinta, “Io partecipo a tutte le gare per vincere. Anche a Sarajevo farò lo stesso. Se mi andrà bene….”

Alla vigilia delle Olimpiadi la stampa italiana punta su un poker di carte dal quale calare l’asso nello Sci Alpino: sono De Chiesa, Mair, Daniela Zini e Maria Rosa Quario. Prima della disputa dello Slalom Femminile, il miglior risultato è il settimo posto di Alex Giorgi nel Gigante maschile. Michael Mair è affondato nella Libera chiudendo al quindicesimo posto, nel Gigante femminile Daniela Zini ha concluso la gara al venticinquesimo posto, la stessa Magoni al trentaduesimo. La pressione sale, i giornali parlano di ultima grande occasione. La mattina della gara è tempo come a Sarajevo si è imparato a prevedere. Nuvole basse che si sciolgono in nebbia, visibilità ridotta a tre-quattro porte su un tracciato ripido. Con il numero 1 scende Ninna Quario che è tradita più dall’emozione che dall’influenza che l’ha colpita nei giorni precedenti:il suo tempo è un 49”68 che resta difficile da intepretare solo fino all’arrivo, con il secondo pettorale, dell’austriaca Kronbichler, più veloce di 84 centesimi. Esce una delle più attese, la statunitense Tamara McKinney; Paola Magoni parte con l’aggressività dei suoi 19 anni, una incertezza sola all’ultimo cambio di pendenza. Il suo tempo è 48”85, a un solo centesimo dall’austriaca e con lo stesso tempo della francese Pierrine Pelen che scende subito dopo. Cerca di rimanere in lotta per le medaglie Daniela Zini, alla fine della manche ottava in 49”32. In testa alla classifica provvisoria due sorprese: la francese Guignard in 48”71 e Ursula Konzett, dal Liechtenstein, che la segue a 10 centesimi. Delude l’attesa Erika Hess, decima in 49”57.

Le attenzioni del clan azzurro si concentrano su Paoletta Magoni; il padre la stimola a dare tutto, o la o la spacca, alle Olimpiadi conta solo la medaglia. Anche il tecnico Daniele Cimini la invita a rischiare, “Chi parte per prima su questa neve ha solo vantaggi. Non devi preoccuparti di arrivare. Rischia!”.

Paoletta è la prima a scendere e prende in parola i consigli, non si risparmia e ferma il cronometro su 47”62 per un tempo totale di 1’36”47. Sa di essere scesa bene, lo sapeva già a metà percorso quando ha mollato tutto. Senza riprendere fiato all’arrivo dice tra sè e sè “Credo che di più non si potesse fare”. Inizia una lunga attesa, una vita in dieci minuti, delle discese delle avversarie. La francese Perrine Pelen è di 90 centesimi più lenta, si ferma a 1’37”38”. Fuori una. Nella nebbia di Sarajevo si perde l’austriaca Kronbichler che finisce lontana a 1”58 dall’azzurra. Anche Ursula Konzett non si ripete e viene scavalcata anche dalla Pelen. L’ultimo ostacolo prima della gloria olimpica è rappresentato dalla francese Guignard che salta. Nel parterre la zona azzurra scoppia in un boato. Daniela Zini scende al nono posto nella classifica finale, Erika Hess si ferma al quinto pagando nella seconda manche 72 centeimi a Paoletta. Ninna Quario, libera da pressioni, ottiene il secondo tempo di discesa che le consente di risalire fino al settimo posto. A diciannove anni Paola Magoni è medaglia d’Oro alle Olimpiadi!.

C’è ancora un brivido. L’azzurra si reca all’antidoping ma non può entrare perchè non ha con sè il pass. Passano i minuti, il tesserino non si trova. I walkie talkie gracchiano ordini, alla fine il pass è in una giacca a vento. Viene portato alla campionessa olimpica. Pericolo scampato.

 (12. continua)

Contenuto ceduto in esclusiva dall’agenzia alaNEWS. Riproduzione vietata. Anno 2014.

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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