RIO 2016. Una notte di colori, di musiche indimenticabili, di coreografie maestose gestite dalla mano sapiente di un italiano, il direttore della cerimonia Marco Balich, un racconto del Brasile dalla nascita alla colonizzazione alla sua modernità piena di contraddizioni. Tutto questo e molto altro è stata la Cerimonia di apertura dei Trentunesimi Giochi Olimpici estivi, avvenuta nella notte allo stadio Mario Filho, il famosissimo e veneratissimo Maracanà, momento ufficiale di celebrazione, non senza il corollario di proteste e cariche della polizia brasiliana fuori dallo stadio carioca, dei Giochi. Un abbraccio caldissimo del Brasile al mondo e viceversa, fatto anche per riconoscere che la geografia del mondo moderno si allarga. Una festa di emozioni nella quale, forse anche per motivi legati alle fortissime preoccupazioni concernenti al terrorismo, non hanno troneggiato i pur presenti capi di stato, lasciati anche dalle telecamere delle televisioni, in secondo piano. Sugli spalti, nella zona d’onore, brillava l’assenza di Dilma Rousseff, la presidenta del Brasile messa sotto accusa per aver manovrato per “truccarlo” il bilancio dello stato. La medaglia dell’indisciplina, festosa ben si intende, è andata sicuramente all’Italia che nella sfilata degli atleti, con il numero 102, è entrata nello stadio rompendo tutti gli schemi e baciando telecamere ed esplodendo in un florilegio di selfie. Già forse il selfie è stato il vero re della notte brasiliana, interpretato in mille modi dagli sfilanti.
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