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Trenta anni dopo Eugenio Monti: Huber-Tartaglia Oro nel Bob a Due

STORIE. Sono trentasette le medaglie d’Oro italiane alle Olimpiadi invernali e Olympialab, seguendo il rintocco del conto alla rovescia verso la Cerimonia di Apertura, vi propone ogni giorno il loro racconto: non pura cronaca ma una lunga storia sul filo dorato di 56 anni di Giochi Olimpici

 

Trenta anni dopo Eugenio Monti: Huber-Tartaglia Oro nel Bob a Due

Sono molti i fili rossi che attraversano trent’anni di storia del Bob italiano dagli Ori di Grenoble di Eugenio Monti al titolo olimpico di Guenther Huber e Antonio Tartaglia di Nagano. E si parte proprio con il Rosso Volante immortalato sulla t-shirt che Antonio Tartaglia indossa sotto la tuta di gara. Ragazzo, anzi ragazzone visti i suoi 188 centimetri per 103 kg e il suo passato da mediocre lanciatore, di mare, da Casalbordino, provincia di Chieti, una sigla che per un paio di ore ha fatto dire ad un telecronista della Rai delle sue origini svizzere. Fino al 1990 non avrebbe mai pensato di sedersi su una di queste macchine volanti che scendono in un budello di ghiaccio, poi qualcuno gli ha detto “Hai il fisico giusto, perchè non provi?”. Una settimana di test, di schiaffi in faccia per la velocità e gli scossoni, la tentazione di mandare tutti a quel paese ma il germe del Bob è entrato in lui. E ha iniziato a fare sul serio. Arrivato a Nagano ha visto un chiosco della IBM, sponsor delle Olimpiadi, dove gli appassionati potevano farsi fare sul momento una maglietta con l’immagine del loro idolo e ha scelto Eugenio Monti.

Da quando nel 1995 è salito sul Bob dietro a Guenther Huber è iniziata a nascere una intesa tutta particolare, giorno dopo giorno insieme a caricare e scaricare la slitta, pulire i pattini, buttarsi giù, anzi un attimo prima i due caschi che si toccano, gli occhi che si scambiano uno sguardo che dice tutto e via. Sono più che amici, fratelli Huber ne ha già abbastanza. Due femmine e quattro maschi tutti tranne il più giovane presi dall’amore per il budello di ghiaccio versione Slittino, quattro anni prima a Lillehammer c’erano tutti, non a fare da spettatori ma a gareggiare. Wilfried Oro nel Doppio, Norbert Argento nel Doppio, Arnold beffato quarto nello Slittino. Anche lui, Guenther, scendeva a pancia in su poi la dea ex machina italiana degli ultimi quindici anni della specialità, Brigitte Fink ha detto “In quattro siete in troppi, qualcuno rimarrà sempre fuori dalla squadra” e ha deciso di scegliere il Bob dove ha scoperto di avere alla guida una sensibilità eccezionale. Per non guastare la festa di famiglia, in Norvegia ha portato a casa il Bronzo con Stefano Ticci. Anche Arnold, dopo la beffa di Lillehammer, ha scelto il Bob, ma è fermo ai box per una squalifica per doping, nandrolone, per la quale il medico della nazionale si è assunto la colpa.

La strrana coppia targata Val Pusteria – Abruzzo incontra sulla sua strada un giovane – ha cinque anni meno di Huber -. Canadese, Pierre Lueders. A Lillehammer sbagliò la gara chiudendo al settimo posto ma da quella stessa stagione alla vigilia delle Olimpiadi giapponesi ha vinto due medaglie d’Argento mondiali e tre Coppe del Mondo su quattro, nell’altra è arrivato secondo. La stagione precedente al termine delle prove per la sfera di cristallo che si sono concluse proprio sulla pista olimpica di Nagano il canadese, con il fido frenatore McEachern, e i due italiani si sono ritrovati a pari merito, con 224 punti. La Coppa è andata a Lueders che aveva raccolto quattro vittorie in stagione contro la sola di Huber che con Tartaglia si era dovuto accontentare dell’Argento anche ai Campionati Mondiali di St.Moritz dietro ai padroni di casa, Gotschi e Acklin. Il frenatore conobbe una cocente delusione, “nessuno sembrava essersene accorto. Ci rimasi malissimo, ero avvilito. Mi guardai allo specchio e mi chiesi: “Sono italiano anch’io?”. Ho avuto davvero qualche dubbio”.

Quella tra Lueders e Huber è, in ogni discesa di ogni gara, una lotta ad inseguimento; gli azzurri rendono ai canadesi una quindicina di chili in fase di spinta: solo 92 chili di Huber e 105 di Tartaglia contro i 105 di Lueders e i 110 di MacEachern. Questo permette di inserire una zavorra nel rosso Bob italiano di una quindicina chili ma sono quindici chili in più da spingere. Tra minore potenza e peso della slitta, Huber e Tartaglia rischiano ad ogni spinta di perdere quasi un decimo e poi sta a Guenther pennellare per recuperare lungo la pista. Sempre con il cuore in gola.

Nell’ultima prova prima della gara, sulla pista non eccessivamente tecnica, Huber e Tartaglia filando ai 124 km/h fanno segnare il miglior tempo. Tutti sono concordi, è possibile vincere una medaglia, oltre al canadese Lueders, il terzo incomodo potrebbe essere il tedesco Langen che ha vinto tre degli ultimi quattro Mondiali. Il responsabile italiano della squadra di Bob, Corrado Dal Fabbro si sbilancia: “La legge dei grandi numeri dice che Huber è pronto. In questi giorni è rimasto sempre coi primi. Credo proprio che abbia buone chances di riuscire. Si trova abbastanza bene, anche se questo impianto non presenta particolari difficoltà. Molto dipenderà dalla spinta iniziale. In questi giorni è stato sempre fra i migliori. Spero che possa addirittura migliorare”.

14 febbraio 1998, nella prima discesa ufficiale Huber e Tartaglia scendono con il numero 3 senza punti di riferimento. Fermano i cronometri al termina della fase di spinta su 5”07, al terzo intermedio passano in 32”28, chiudono la prova in 54”51. Occorrono solo due discese per capire se il Bob italiano è stato veloce, il canadese Lueders ha il numero 5. I canadesi, come temuto, partono con 8 centesimi di vantaggio su Italia 1 che si riducono a 6 al terzo intermedio, 2 al quarto, all’ultimo rilevamento prima del traguardo sono in assoluta parità con Huber e Tartaglia, sul traguardo sono 5 centesimi dietro. Il tedesco Langer non è all’altezza della sua fama e accusa un ritardo di 31 centesimi dagli italiani, settimo al termine di tutte le discese. Italia e Canada sono braccati dai due Bob svizzeri: Gotschi è terzo a 20 centesimi, Reich a 22. Il primo round è per Guenther Huber.

Nella seconda discesa si parte in ordine inverso: la pista con calare della sera si è fatta più veloce, Lueders e McEnrach si migliorano nella spinta con 4”96, alla fine fermano i cronometri su 54”28. Huber e Tartaglia si danno il solito colpo con il casco, abbassano la visiera e spingono; dopo 60 metri i canadesi hanno rovesciato la situazione, sono in vantaggio di 4 centesimi, al terzo intermedio di 5, Guenther deve pennellare alla Schumacher per raddrizzare la situazione. All’ultimo rilevamento, sul totale delle due discese, i due Bob sono in perfetta parità, al traguardo Italia 1 ha un vantaggio di 4 centesimi, Lueders è riuscito solo a limare un misero centesimo. E’ già mezzo secondo quello separa la lotta personale tra Pierre e Gunther e il resto del mondo.

Domenica 15 febbraio, ci si gioca tutto nelle ultime due discese. Monta la pressione, siamo alla fine della prima settimana delle Olimpiadi e l’Italia non ha ancora conquistato nessuna vittoria. Huber e Tartaglia sentono sul collo non solo il fiato di Lueders e McEnrach ma anche di Pescante e di tutto il clan italiano. Terza discesa. L’ennesima all’inseguimento e occhio a non sbagliare, Huber qualche cosa sbaglia, entra una frazione di secondo prima nel Bob e sbava la prima curva. In questo infinito tira e molla, dopo la fase di spinte Lueders e socio sono di nuovo in vantaggio di 5 centesimi, al primo intermedio addirittura di 1 decimo, curva dopo curva, Gunther rimette in carreggiata la Ferrari del ghiaccio, 9 centesimi, 6, al traguardo ancora una volta i canadesi hanno limato solo un altro piccolo centesimo. Sono tre ora quelli di vantaggio per Huber e Tartaglia e poco importa che il miglior tempo di manche sia di Langen.

Si risale, nella discesa decisiva partiranno prima i canadesi. Sono le cinque del pomeriggio, la temperatura scende. Lueders e McEnrach non sono eccezionali in spinta, 5”01, ma ottengono il record della pista con 54”24. Tocca a Guenther e Antonio, la tensione si taglia con il coltello, al traguardo i canadesi non riescono a stare fermi, ci si gioca l’Oro per una questione di centimetri. Pronti, via. 5’08” nella spinta, Italia 1 è dietro di 4 centesimi, al terzo intermedio è diventato uno solo, Huber ci ha abituato a seconde parti eccezionali ma ha una esitazione, come dirà “Il bob mi è scappato di dietro, ha dato una culata, come diciamo noi, è stato un errore. Ma le manche perfette non esistono”. Piomba sul traguardo, il cronometro segna 54”27. “Non sapevo più quale tempo ci volesse per vincere e avevo paura dopo l’errore su quella maledetta curva 10 quando il Bob mi è scappato di dietro”, Huber ha una esitazione di qualche secondo poi vede tutta la squadra italiana che gli va incontro urlando, “Siamo primi”. Pescante, memore del pari merito di Grenoble dove Monti vinse solo per aver effettuato la manche più veloce sbianca e cerca il presidente della FISI. Il regolamento in venti anni è cambiato, ora alle Olimpiadi in caso di pari merito si assegnano due medaglie d’Oro, riprende colore. Pierre Lueders non ha rammarico per la medaglia in coabitazione “”Quest’ anno io e Guenther abbiamo terminato la Coppa del Mondo a pari punteggio, ma l’ ho conquistata io perché ho vinto una volta in più. Non sarebbe stato giusto che Guenther l’ avesse persa, questa Olimpiade. Come non sarebbe stato giusto che l’ avessi persa anch’ io”. Grida Tartaglia: “Va bene, va bene. E’ un oro intero, anche se fossimo stati primi in 3”. Trenta anni dopo i trionfi a Grenoble di Eugenio Monti, dall’altra parte del mondo, l’Italia ritorna sul gradino più alto del podio nel Bob. E il Rosso Volante poche ore dopo telefona a Casa Italia, li chiama “i miei ragazzi” e Huber e Tartaglia si sciolgono nella commozione.

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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