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Uno Slittino tutto d’Oro: Paul Hildgartner

STORIE. Sono trentasette le medaglie d’Oro italiane alle Olimpiadi invernali e Olympialab, seguendo il rintocco del conto alla rovescia verso la Cerimonia di Apertura, vi propone ogni giorno il loro racconto: non pura cronaca ma una lunga storia sul filo dorato di 56 anni di Giochi Olimpici.

 

Uno Slittino tutto d’Oro: Paul Hildgartner

Ricordi le Olimpiadi di Sarajevo del 1984 e il pensiero gioco forza va al fatto che poco più di otto anni dopo il loro svolgimento le aree utilizzate per i Giochi furono il teatro del più sanguinoso episodio di Guerra sul territorio europeo dopo la seconda Guerra mondiale. La pista di Slittino sul monte Trebevic che sovrasta la città fu trasformato in una posizione di artiglieria degli assedianti serbi che martellò per quasi quattro anni la città che ospitò il fuoco di Olimpia. Ma se per un istante si ritorna al mondo dello sport, quella pista ora in disuso che presenta ancora le ferite della guerra, riporta alla mente l’impresa di Paul Hildgartner, il momento finale di quella che, non mischiamo il sacro al profano con terminologie belliche, è stata una lotta contro la Germania Orientale iniziata quattro anni prima a Lake Placid.

Giovanissimo, Hildgartner aveva vinto il titolo olimpico del Doppio dodici anni prima a Sapporo con Walter Plaikner. I due, complice anche una influenza del secondo, non riuscirono a difendere degnamente l’Oro a Innsbruck quattro anni dopo dove si dovettero accontentare dell’undicesimo posto. A questo punto la strada dei due si separa: Plaikner scende dallo Slittino per fare il tecnico e il preparatore dei mezzi mentre Paul continua, così come aveva iniziato, nel Singolo. Nel 1978 è campione del Mondo e d’Europa, nel 1979 è medaglia di Bronzo mondiale e vince la Coppa del Mondo. Nel 1980 alle Olimpiadi di Lake Placid, Hildgartner ha 27 anni, è uno dei grandi favoriti per la medaglia d’Oro insieme al ventiquattrenne Ernst Haspinger, altro ragazzo pusterese, che è in testa alla classifica della sfera di cristallo. Sono Olimpiadi stregate quelle americane per la spedizione italiana e anche lo Slittino, sebbene sia l’unica disciplina a portare a casa del metallo, ne soffre. Alla vigilia dell’ultima discesa Haspinger ha quasi mezzo secondo (474 millesimi) di vantaggio, una enormità, sul tedesco orientale Bernhard Glass e Hidlgartner è terso a 46 millesimi dal tedesco. Ma succede l’imprevedibile: nell’ultima discesa che doveva essere una formalità Haspinger: alla curva dieci il suo slittino si ribalta. Cosa è accaduto? Sugli slittinisti italiani la pressione per salvare la spedizione azzurra è diventata quasi insostenibile e i tedeschi orientali hanno usato tutte le armi, lecite e non lecite. Contando sulla comunanza di idioma con i ragazzi altoatesini sono andati in zona di partenza e hanno iniziato a provocarli, “Cadrete, vi spaccherete le ossa”. Conclusa la sua discesa, Bernhard Glass ha aspettato Haspinger alla curva dieci indicando con il dito dove sarebbe avvenuto l’errore. E l’azzurro non trova le parole per spiegarsi quanto accaduto mentre la responsabile tecnica Brigitte Fink ci prova: “Quelle attese interminabili, la tensione e gli sfottò dei tedeschi. Ernst era ancora saldamente al comando fino al terzo tempo intermedio, bastava che continuassa regolare e non c’erano problemi”. E sono lacrime amare: Haspinger che piange prendendo a pugni la pista, Hildgartner che in partenza sente le comunicazioni via radio. Plaikner gli abbassa la visiera e il campione olimpico la riempie di lacrime ripetendo “Non posso nemmeno più rischiare, una medaglia dobbiamo prenderla”: Sarà un Argento mai così doloroso.

Nei quattro anni che trascorrono tra Lake Placid e Sarajevo, Paul Hildgartner conquista due volte la Coppa del Mondo (nel 1981 in coabitazione proprio con Haspinger e nel 1983), l’Oro mondiale nel 1983 e poche settimane prima delle Olimpiadi il titolo europeo. Il CONI lo sceglie come portabandiera nella Cerimonia di Apertura e, nell’edizione speciale di presentazione delle Olimpiadi, Sports Illustrated gli dedica un servizio di tre pagine. Sulla pista del monte Trebevic è il grande favorito e ha da saldare un conto che gli pesa sullo stomaco da quattro anni. Quella del Singolo maschile è gara lunghissima che a Sarajevo prevede una manche al giorno per quattro giorni, da logorare i nervi anche ai più algidi. Nella prima giornata il più veloce è Ernst Haspinger che con il tempo di 46.157 precede di 20 millesimi il ventenne tedesco orientale Gorlitzer e di 25 millesimi Hildgartner. Poco più indietro, a 14 millesimi, l’altro slittinista DDR, Michael Walter. La neve continua a scendere sul budello e risultati e scenari cambiano di giorno in giorno, di discesa in discesa. Nella seconda giornata crolla Haspinger; a metà gara Gorlitzer ha un vantaggio di 71 millesimi su Hildgartner, 119 sul connazionale Walter mentre le condizioni della pista favoriscono i russi Danilin, quarto a 335 millesimi, e Dudin, quinto pari merito con Haspinger. Sabato 11 febbraio è il giorno del sorpasso anche se l’azzurro già pronto in partenza deve aspettare minuti che sembrano un’eternità per le raffiche di vento che stanno battendo il monte Trebevic. Non perde la concentrazione, Hildgartner. La sua discesa è perfetta con tanto di record della pista: 45.871, primo a scendere sotto i 46 secondi nel budello infido. Come in una gara ad eliminazione sono i panzer orientali a perdere colpi. Come in un libro scritto male, canterebbe Guccini, si va all’ultima notte prima della prova decisiva con l’azzurro con mezzo secondo di vantaggio su un tedesco orientale, sembra la copia carbone di Lake Placid. Gli altri sono tutti in un fazzoletto: il secondo è Walter, Danilin ha 34 millesimi di svantaggio, Dudin 61, Gorlitzer 94. Saranno questi cinque a giocarsi le medaglie l’indomani.

Lo speciale di Sports Illustrated

Memori di quanto avvenuto in terra americana, in Casa Italia si scatena la psicosi del complotto. Si pensa che battaglioni di tedeschi orientali si possano distribuire lungo la pista per rovinarla prima del passaggio dell’azzurro con il lancio di neve, forse sabbia. E allora arrivano sciatori, bobisti, hockeisti a difendere l’onore della patria, pronti a piantonare la pista con una organizzazione degna di migliore ribalta e ventidue walkie talkie. E’ ancora una gara di nervi perchè Hildgartner partirà tredici posti dopo Walter. Il primo a scendere è Michael Walter, 46.172. O la pista è più lenta del giorno precedente o nulla di eccezionale. I russi Danilin e Dudin fanno meglio di lui e lo scavalcano in classifica. Non resta che attendere. Si fanno i calcoli, il vantaggio su Danilin è di 669 millesimi. E’ sufficiente non fare errori. “Ero tranquillo, fra noi atleti non si fanno più certe cose, al sabotaggio manco pensavo” dirà dopo. Gli italiani distribuiti lungo la pista invitano gli addetti a usare le scope al massimo per liberare la pista dalla neve che continua a cadere. Paul parte verso il suo appuntamento con l’Oro in solitaria, ha una piccola esitazione in partenza, un impercettibile zig-zag che costa. Ha l’ottavo tempo di manche al primo intermedio e poi inizia a macinare la pista, quarto al secondo intermedio, secondo al terzo e al quarto; per togliere ogni dubbio al traguardo ottiene il miglior tempo di manche in 45”934. Il piatto della vendetta si consuma freddo: Paul Hildgartner è campione olimpico, la medaglia d’Argento va a Danilin staccato di 704 millesimi, Dudin è Bronzo a 754. I panzer sono giù dal podio. Il campione olimpico ricorda Sapporo, “Avevo vinto il Doppio, ex aequo con i tedeschi orientali, molto meglio vincere da solo sullo slittino e nella classifica. E poi ho trentun anni, invecchiando si gode di più”. Da lontano Plaikner, il mago degli slittini azzurri, si gode la vittoria dell’ex compagno di ventura; le sue slitte magiche sono un segreto ben custodito

 (11. continua)

Contenuto ceduto in esclusiva dall’agenzia alaNEWS. Riproduzione vietata. Anno 2014.

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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