Di fronte a queste prestazioni si può discutere solo cronometro alla mano o si può entrare in un altro livello di considerazioni. L’evoluzione della tecnologia in fatto di protesi, le “lame”, e di elasticità dei materiali lascia intendere che l’incrocio firmato Pistorius lo scorso anno a Londra diventerà un momento unico, qualche anno e saranno coloro che non avranno l’ausilio delle protesi a dover inseguire. La pensa così Andrea Giannini che sul suo sito scrive ” [Pistorius] resterà con tutta probabilità l’unico atleta paralimpico nella storia ad aver corso contro i normodotati. Le sue protesi, un vecchio modello del 1996 costruito con l’idea di somigliare il più possibile ad un piede umano, sono state da tempo soppiantate da strumenti con diversi e sicuramente più performanti assetti, tempi di contatto e anche lunghezze”. In fondo è anche l‘opinione di Claudio Arrigoni che cita quanto qualche anno fa dichiarò Hugh Herr, uno dei migliori ingegneri biomeccanici del mondo, professore al Mit di Boston, “Fra 20 anni non si potranno più fare gare con normodotati e biamputati insieme. Stiamo testando protesi ‘attive’ che saranno più potenti del piede umano, attive e non passive come quelle che ci sono ora”. La pensiamo così anche noi come abbiamo illustrato nel video pubblicato oggi da Il Messaggero che trovate in fondo alla pagina.
Ma c’è un ma. Lo sport paralimpico non può ridursi solo a freddi numeri e risultati, lo sport paralimpico è e deve essere soprattutto un messaggio di speranza. A farci ritornare sulla terra è sempre Claudio Arrigoni che ci ricorda come ci si debba chiedere quanto le discussioni tecnologiche abbiano senso di fronte agli occhi sognanti di uno sfortunato bambino che ha trovato in Alan Oliveira il suo idolo, il suo orgoglio e, in fondo, il suo sogno.
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