Calcio

Calcio, pochi italiani nei 4 principali campionati europei: i motivi del calo

C’è una tendenza preoccupante per quanto riguarda i nostri giocatori. Non solo quella che sono pochi gli italiani titolari nei top club della serie A e ancora meno quelli nel settore giovanile, e tutto questo riduce notevolmente il bacino di scelta per il ct Luciano Spalletti, ma anche quella che riguarda la presenza dei nostri calciatori nei quattro principali campionati europei. Insomma, anno dopo anno i nostri sono sempre meno. Inghilterra, Francia e Germania hanno accolto quest’anno soltanto 13 eleggibili per le Nazionali azzurre, la Spagna addirittura è a zero. Si tratta del dato più basso del decennio. Nel 2015 erano 30, l’anno dopo 26. Ed è anche il dato più basso se comparato agli altri quattro campionati di vertice in Europa. Tra questi 13 italiani in trasferta molti sono abituati a viaggiare, poiché arrivano da famiglie multietniche o sono nati all’estero e poi nazionalizzati. Un esempio è Jorginho, centrocampista dell’Arsenal (ma in Premier ha giocato anche con il Chelsea), nato in Brasile a Imbituba, Santa Catarina, Stato del Sud, e approdato in Italia a Verona a 15 anni, pronipote fra l’altro proprio di un veneto, Giacomo Frello di Lusiana, Vicenza.

Jorginho | ansa epa @Andy Rain

Gli altri esempi

Così come ci sono Udogie del Tottenham, anche lui veronese, di nascita però, ma di famiglia nigeriana. O anche Ogbonna, al West Ham da nove anni, nato a Cassino pure lui da genitori nigeriani. Brasiliano all’anagrafe come Jorginho è Emerson Palmieri, compagno di Ogbonna agli Hammers e come lui azzurro, campione d’Europa nel 2021 con Mancini, come Jorginho, nato a Santos, la patria di Pelé e Neymar, con mamma di discendenza cosentina. L’ultimo azzurrino approdato Oltremanica è Koleosho, nato 19 anni fa a Norwalk, Connecticut, ora al Burnley, che avrebbe potuto rappresentare altre tre nazioni oltre al tricolore, perché di papà nigeriano e mamma italo-canadese di Montreal, già convocato dal Canada e cresciuto con il pallone in Catalogna tra Reus ed Espanyol. E non è finita qui. Perché ci sono anche gli italiani di passaporto ma non di formazione (calcistica). Due sono in Germania, in Bundesliga: il primo è Grifo leader del Friburgo, di Pforzheim, nel Baden-Württemberg. È un nazionale azzurro senza aver mai giocato in serie A. Il secondo è Chiarodia, 18 anni, di Oldenburg, Bassa Sassonia, azzurrino Under 19 del Borussia Mönchengladbach, grazie ai genitori veneti, e cresciuto nel Werder Brema.

Esperienza all’estero

Ci sono anche giocatori che hanno scelto l’esperienza all’estero. Il più famoso è Donnarumma, che gioca in Francia al Psg, eroe degli Europei del 2021, quando parò due rigori all’Inghilterra in finale (Rashford, invece, centrò il palo). Ma ci sono anche Zaniolo dell’Aston Villa, Vicario del Tottenham, Casadei del Chelsea, Tonali del Newcastle (ma out per il caso scommesse fino ad agosto) e Mannone del Lilla. Insomma, la nostra presenza nei quattro tornei principali del Vecchio Continente è davvero limitata e anche molto. Soltanto 15 anni fa esportavamo i campioni del mondo come Toni, Barzagli e Zaccardo in Bundesliga, e ancora prima gente come Di Canio (l’italiano più prolifico oltremanica, 72 gol) e Gattuso, Vialli e Zola, Ravanelli il più pagato in Premier, beniamini del loro pubblico, o Marco Simone stanziatosi in Francia pure dopo. Purtroppo ora il calo è davvero preoccupante.

Nicolò Zaniolo | ansa epa @Tim Keeton

I motivi

I motivi possono essere tanti. In primis, c’è una problematica da anni non presa sempre in considerazione. I nostri settori giovanili non producono più giocatori come una volta. Inutile aggiungere che l’assenza dell’Italia ai Mondiali di Russia 2018 e Qatar 2022 rappresenta il fallimento di questo sistema attuale. Unita anche all’assenza di attaccanti italiani titolari in A. Noi che siamo stati la patria di fuoriclasse come Giuseppe Meazza, Silvio Piola, Giampiero Boniperti, Sandro Mazzola, Pierino Prati, Gianni Rivera, Gigi Riva, Roberto Boninsegna, Paolo Rossi, Ciccio Graziani, Gianluca Vialli, Gianfranco Zola, Roberto Mancini, Salvatore Schillaci, Christian Vieri, Pippo Inzaghi, Luca Toni e tanti, tantissimi, altri. Questi è giusto per fare qualche nome e far comprendere la crisi del nostro calcio. In secondo luogo, è che se pochi sono i giocatori prodotti dal nostro vivaio, ancora meno sono quelli che riescono a esplodere in A. Quindi, pochi sono quelli richiesti dai top club europei. E il dato è davvero preoccupante. Perché la nostra Nazionale avrà sempre più problemi ad attingere e scovare campioni. Che possano far rivivere i fasti del passato. Senza utilizzare la scusa di essere comunque campioni d’Europa in carica.

Salvatore Riggio

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