Sport olimpici

Ciclismo, come è fatta una bici da corsa?

Mancano ormai poche ore al mondiale di ciclismo. Al netto del dubbio su chi taglierà per primo il traguardo, c’è una certezza: la protagonista assoluta sarà la bicicletta. Ma quali sono i segreti della bici da corsa?

Fra fatica e avanguardia: telaio, manubrio e ruote

Remco EvenepoelRemco Evenepoel
Immagine | Ansa

Il ciclismo resta lo sport di fatica per eccellenza ma dai tempi pioneristici a quelli attuali, c’è un universo di differenza. Le prestazioni straordinarie attuali sono figlie di un atletismo evidentemente diverso ma anche di una tecnologia all’avanguardia che ha permesso di aumentare la performance riducendo, per quanto possibile, lo sforzo. In questo senso, sono diverse le componenti che permettono di raggiungere livelli altissimi consentendo ai ciclisti di pedalare a velocità impensabili qualche anno fa. Il telaio è in fibra di carbonio. Fondamentali geometria e all’assemblaggio. Più è leggero, maggiore è la velocità. L’UCI ha comunque stabilito un peso minimo di 6,8 kg per la sicurezza, in quanto gli studi di settore hanno dimostrato che andare sotto quella soglia significherebbe mettere a repentaglio la resistenza del mezzo in relazione alle velocità raggiunte. La forcella che si trova tra ruota anteriore e manubrio, spesso è in titanio. Il manubrio ha la forma a corna d’ariete che garantisce maggiore stabilità e una presa ergonomica. Nelle cronometro vi sono spesso delle prolunghe che consentono di poggiare l’avambraccio e assumere anche una posizione più aerodinamica. Le ruote variano in base alle esigenze e al materiale. A livello agonistico, la copertura resta tubolare, attaccata su cerchione con mastice o ceralacca: è il modo migliore per prevenire le forature e sono particolarmente facili da sostituire.

Il gruppo: la prova del nove

Le bici da corsa hanno subito varie trasformazioni negli anni ma resta inalterato il concetto di “gruppo”, composto da nove elementi: cambio, pacco pignoni, deragliatore, comandi cambio, catena, guarnitura, pinze freni anteriori e posteriori. Nei primi anni, la leva del cambio era rigida e lavorava direttamente sulla catena, spostata da un ingranaggio all’altro. Poi si è passati al manettino. Recentemente, nel corpo delle leve del freno sono stati aggiunti anche i comandi del cambio, elemento ereditato dalla Mountain Bike che ha trovato largo successo: semplicemente, non si deve più togliere la mano dal manubrio per cambiare rapporto tramite il deragliatore, che consente di spostare la catena da un pignone all’altro nel posteriore e nell’anteriore. I freni più diffusi sono i caliper che permettono di stringere il cerchione fra due elementi pattinanti a elevato attrito. Ultimamente si sono diffusi anche i freni a disco, che però tendono ad arroventarsi. La ricerca tuttavia non si ferma e lo studio sulle componenti permetterà di abbinare negli anni leggerezza, scorrevolezza e velocità.

Luigi Pellicone

43 anni, laureato in Lettere Moderne giornalista dal 2007. Da quando la serie A ha deciso di fare a meno del mio talento, ho riversato i miei lampi di classe nella scrittura. Seguo sport e politica sul campo senza soluzione di continuità. Circondato da sole donne in famiglia, mi preparo per le Olimpiadi fra 3000 siepi, salto in alto, in lungo e corsa a ostacoli, inseguendo, spesso invano, il mio inaffidabile labrador. Alle spalle, un paio di vite spese fra agenzie di stampa, quotidiani e siti web. Un presente e un futuro ovviamente, tutto da scrivere

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