Sport invernali

Hockey, perché i giocatori possono picchiarsi davanti agli arbitri ed è tutto regolare?

Nell’hockey spesso ci sono delle zuffe sul ghiaccio, come se nulla fosse. Giocatori che se le danno di santa ragione anche sotto gli occhi degli arbitri, senza una minima preoccupazione. È accaduto anche nella sfida tra New York e Philadelphia. Certo, non che i protagonisti della rissa, che se sono vere zuffe allora coinvolgono anche più di una persona, restino impuniti. Infatti, vanno incontro a penalità a tempo da scontare in panca lasciando la squadra in inferiorità numerica e non a un’espulsione immediata. Detto questo, resta uno dei pochi sport professionistici a permettere il combattimento nel corso di un match. Gli ufficiali di gara non si intromettono quando sul ghiaccio scoppia un parapiglia, almeno fino a quando uno dei duellanti non lascia perdere, cada oppure se la rissa si dovesse protrarre tanto a lungo da rendere necessario l’intervento degli arbitri per sedare gli animi.

Pista di hockey | pixabay @hfromnc

Lo scontro

Se tutto è permesso, e non c’è appunto l’espulsione immediata, ecco spiegato il motivo di questi confronti a muso duro. Una sorta di “farsi giustizia” da praticare sul campo, nel caso uno degli avversari si comporti in maniera scorretta o pratichi un gioco pericoloso; una specie di diversivo per spezzare il ritmo dell’incontro. La rissa è anche qualcosa di codificato dal regolamento della Nhl che all’articolo 46 piazza alcuni paletti anche a queste forme di opportunità di sfogo così plateale e violento. Menarsi, in sostanza, è sì consentito ma deve essere frutto di un accordo reciproco tra le parti oppure di un gesto eloquente (come lanciare i guantoni sul ghiaccio, accade anche questo in segno di sfida come i vecchi duelli) che lascia intendere cosa accadrà. Invece, se un giocatore aggredisce un avversario senza che l’altro abbia accettato “la sfida” allora gli verrà inflitto una penalità per istigazione di due minuti (o anche maggiore) a seconda della gravità della situazione. In questo caso per cattiva condotta può anche restare fermo per 10 minuti.

Portiere di hockey | pixabay @RoboMichalec

Cosa dice il regolamento

La figura dell’istigatore è indicata dal punto 11 dello stesso articolo 46. Viene identificato come tale chi “con le sue azioni o il suo comportamento dimostra uno/alcuni dei seguenti criteri: distanza percorsa; togliersi prima i guanti; primo pugno sferrato; atteggiamento o postura minacciosa; istigazione o minaccia verbale; condotta in ritorsione a un incidente di gioco (o stagione) precedente; ovvia punizione per un precedente incidente nel gioco o nella stagione”. Se nella zuffa qualche compagno si lascia trascinare, allora chi si intromette rischia di essere sanzionato per cattiva condotta. È la cosiddetta regola del terzo uomo prevista al 16 dell’articolo 46 (sempre lui): “Una penalità di partita per cattiva condotta, a discrezione dell’arbitro, sarà inflitta a qualsiasi giocatore che sia il primo a intervenire (terzo uomo) in un alterco già in corso, tranne quando viene inflitta una penalità di partita nell’alterco originale. Questa sanzione si aggiunge a tutte le altre sanzioni previste per lo stesso incidente. Questa regola si applica anche ai giocatori successivi che scelgono di intervenire nello stesso o in altri alterchi durante la stessa interruzione del gioco”.

L’unica novità rispetto al passato è che adesso non è più consentito sfilare la protezione dal capo prima che il combattimento inizi. Chi lo fa incorre in una penalità ulteriore per atteggiamento antisportivo. “Nessun giocatore può togliersi il casco prima di iniziare un combattimento. Se farà questo, gli sarà inflitta una penalità minore di due minuti per comportamento antisportivo. I caschi che si staccano nel corso e in seguito all’alterco non comporteranno una penalità per nessuno dei giocatori”, si legge nella norma.

Salvatore Riggio

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