Eroi moderni

I 60 anni di Michael Jordan: vittorie e curiosità di un mito dello sport

I miti non invecchiano. Al massimo accumulano anni. Michael Jordan, alieno sceso sulla terra il 17 febbraio del 1963, scrivendo la storia del basket soffia sulle sessanta candeline. Inevitabile, in queste ore, il dibattito sulla sua caratura. Il più forte di sempre? Ogni periodo ha i suoi campioni, nel suo arco temporale, MJ è stato fuori categoria. E pensare che da piccolo era stato scartato… perché troppo basso. Solo una delle tantissime curiosità legate a un campione senza tempo.

Immagine | Flickr @Kip-koech

MJ, dall’esclusione da ragazzo ai sei anelli e due ori Olimpici

Michael Jordan, uno sportivo fuori categoria per quello che è riuscito a vincere. In una parola. Tutto. E pensare che da ragazzino era stato scartato perché troppo basso. Cresciuto alla Ogden Elementary School di Wilmington era stato escluso dalla squadra di basket perché ancora troppo basso rispetto ai coetanei. L’anno dopo, cresciuto di 10 cm, fu riammesso. E da lì ha iniziato una carriera straordinaria. Campione Ncaa nel 1982. Il grande salto nell’NBA lo ha portato a sei titoli con i Chicago Bulls: 1991. 1992, 1993, 1996, 1997, 1998. Oro olimpico a Los Angeles 1984 e a Barcellona 1992.

Carriera caratterizza anche da tre ritiri: uno dopo l’assassinio del padre, ucciso in una piazzola d’autostrada. Decise, per ricordarlo di abbracciare il baseball, scelta rinnegata dopo 17 mesi per tornare ai Bulls. Il 14 gennaio 1999 nuovo addio per dedicarsi al golf. Nel frattempo compra i Washington Wizards. Quindi nel 2002-2003 il ritiro definitivo. Oggi Jordan è il padrone degli Charlotte Hornets.

Curiosità: un mito che ha paura dell’acqua e mangia bistecche portafortuna

Jordan e il 23 un marchio riconoscibilissimo. In realtà MJ voleva giocare con il 45, il numero del fratello Larry, poi decise di dividere la cifra per due e arrotondare per eccesso. È l’inizio di un mito. Laureato in Geografia più per necessità che per convinzione, perché non si poteva accedere al Draft NBA senza i quattro anni di college, Jordan ha, in contrasto con i propri studi, paura dell’acqua. Uno choc non superato da bambino quando ha visto un amico annegare. Ama anche il caldo. Ovunque alloggi la temperatura deve essere almeno di 23-24 gradi.

E come tutti gli sportivi anche Jordan aveva la sua scaramanzia. Prima di ogni partita, mangiava una bistecca di circa 600 grammi con contorno di insalata e patate e una bevanda allo zenzero. Riuscì comunque a vincere quasi da solo la prima partita della finale del 1997 con Utah Jazz dopo aver mangiato una pizza avariata. 38 punti in 44 minuti nonostante una intossicazione alimentare. La sfida passò alla storia come il “Flu Game”.  Jordan ama anche i sigari e l’Italia. Memorabile una foto in Costiera Amalfitana. Concedere un selfie, per MJ è qualcosa di unico più che di raro. Era inavvicinabile anche dai suoi compagni, per via di un carattere non esattamente espansivo.

Una macchina da soldi, fra cinema, musica e industria sportiva

Jordan ha anche rivoluzionato il mondo dello sport, attraversando il confine che separava la passione e il business. Un precursore. Quando indossò per la prima volta le sue “Air” sono state catalogate come inadeguate, ma divennero un marchio di fabbrica nel senso più pieno del termine. Jordan pagava 5 mila dollari di multa per ogni partita giocata indossando quelle calzature con troppo bianco ma ne incassava almeno cento volte tanto dalla commercializzazione del marchio. Non solo sport: anche musica, cinema, serie tv e diversi investimenti in altri sport.

Immagine | Wikimedia Commons @Bryan Horowitz

Ha inciso nel 1987 un singolo con il gruppo americano Hot Butterflies e poi con Michael Jackson il video clip per “Space Jam” il film cartone animato con i protagonisti della Looney Tones che nel 1996 sbancò il botteghino ed è attuale ancora oggi. Impossibile non citare anche la serie “The Last Dance” curata e prodotta per il colosso Netflix. Ad oggi si stima che il patrimonio di MJ ammonti a circa 2 miliardi di dollari. Fra le sue proprietà, una casa a Miami, una a Chicago, una villa in North Carolina e a Palm Beach. Un jet privato; una collezione di supercar e orologi, un campo e gli Charlotte Hornets. La sfida più recente, nel 2020, la scuderia 23XI Racing in Nascar. Insomma una vita a 300 all’ora…

Luigi Pellicone

43 anni, laureato in Lettere Moderne giornalista dal 2007. Da quando la serie A ha deciso di fare a meno del mio talento, ho riversato i miei lampi di classe nella scrittura. Seguo sport e politica sul campo senza soluzione di continuità. Circondato da sole donne in famiglia, mi preparo per le Olimpiadi fra 3000 siepi, salto in alto, in lungo e corsa a ostacoli, inseguendo, spesso invano, il mio inaffidabile labrador. Alle spalle, un paio di vite spese fra agenzie di stampa, quotidiani e siti web. Un presente e un futuro ovviamente, tutto da scrivere

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