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Corridori africani   sfruttati come cavalli

INCHIESTE. Sfogliamo le classifiche di alcune corse dell’ultimo fine settimana. Parliamo di corse su strada; venerdì sera a Grado si è svolta la seconda edizione della Corri Grado, presente anche Ruggero Pertile ma non è questo il punto, la terza classificata della corsa in notturna su 8 chilometri è la kenyana Beth Wanjiru Ndungu, poco più che discreta atleta, classe 1986, capace di correre in 10000 metri in 32’11”. Neanche ventiquattro ore dopo la stessa ragazza è a Torviscosa dove nella 5 miglia in notturna è ottava. Questo fine settimana è andata meglio al suo connazionale Philimon Kipkor Maritim, secondo venerdì a Grado e undicesimo domenica ai Campionati Italiani di corsa in montagna, 13 chilometri e mezzo, di Arco o a Joan Cherop Massah, prima a Grado e quattordicesima ad Arco. Quando diciamo andata meglio non parliamo di risultati ma di trasferimenti e tempi di recupero. Più di una trentina di ore dalle premiazioni di Grado al via di Arco.

A Maritim era andata decisamente peggio poco più di un mese fa: quinto la sera del 15 giugno nel Cross dei Campioni di Cesena, premiazione, probabilmente un panino, un viaggio si dice in SUV, fino a Tonadico di Primiero per il Trofeo San Vittore, 10 chilometri con partenza alle 11.45. Da Cesena a Tonadico sono circa 350 chilometri percorsi nella notte. “Non si uccidono così anche i cavalli?” è il titolo di un film del 1969 di Sydney Pollack dedicato alle crudeli maratone di ballo ma potrebbe essere benissimo il soggetto di un documentario sul triste fenomeno dello sfruttamento dei corridori di medio-basso livello attratti dal rift kenyano in Europa con promesse di facile guadagno.

Non ci sta e denuncia la situazione attraverso il suo profilo Facebook, Enrico Dionisi, assistente sportivo di grandissimi atleti come Venuste Niyongabo o Ezekiel Kemboi. Come nel calcio ci sono procuratori e agenti che lavorano per i loro assistiti e altri che lavorano solo per il proprio portafoglio, lo stesso avviene nell’atletica. Con la piccola differenza che nel secondo caso si rischia di giocare con la salute di ragazzi costretti a correre a ritmi dannosi per il loro fisico, senza tempi di riposo, con alimentazione inadatta, di corsa su strada su corsa su strada come macchine per raccogliere soldi. C’è però un piccolo problema, secondo Dionisi: una partecipazione con un premio può portare qualche centinaio di euro dal quale vanno detratte le spese di viaggio e per il vitto. Vi è chi qualche anno fa dopo tre mesi di questa vita è ritornato in Kenya con duecento euro in tasca, tutto il resto prosciugato dal “manager”.

E’ un fenomeno non solo italiano. L’associazione Play the Game se ne era già occupata nel lontano 2000 concludendo che per pochi che diventano milionari vi sono moltissimi atleti convinti a venire in Europa da agenti avidi che sono destinati a vivere di povertà, 10 o 15 nella stessa stanza. All’epoca, il giornalista Elias Makori disegnò il quadro: “in troppi casi sono gli agenti occidentali a rovinare le vite dei giovani, li sfruttano fino all’ultimo euro, li portano via dal Kenya per fare denaro facile senza essere minimamente interessati al loro destino”.

Tredici anni dopo la situazione non sembra essere cambiata e noi di Olympialab vogliamo capirci di più, portarla sui giusti tavoli e raccogliere il maggior numero di informazioni. Lo faremo attraverso le nostri fonti ma chiediamo a tutti coloro che fossero venuti a contatto con questo fenomeno che deve finire di inviarci esperienze, documenti, evidenze. Non vogliamo fermarci.

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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