Calcio

Under 21, diciotto anni di insuccessi: di chi è la colpa?

Under 21, diciotto anni di insuccessi. L’eliminazione al primo turno degli azzurrini in un campionato europeo in cui si riponevano grandi speranze, comprese le qualificazioni alle prossime Olimpiadi, è l’ennesimo flop: paga il ct Paolo Nicolato, che sui social ha già annunciato il suo addio, ma il problema affonda le radici in un movimento che dal 2004 è incapace di vincere a livello giovanile.

Che ne sanno i 2000? L’ultimo successo

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L’ultimo successo risale al 2004, quando gli azzurrini sollevarono al cielo per la quinta volta il campionato Europeo in Germania: l’Italia supera il turno, superando in finale la Serbia Montenegro per 3-0. In quella rosa spiccavano elementi del calibro di Barzagli, De Rossi, Gilardino. Il C.T. era Claudio Gentile che ancora oggi si chiede, legittimamente, perché mai sia stato escluso dai quadri federali nonostante sia stato l’ultimo a vincere con la nazionale Under 21. Da allora, del resto, è buio pesto: nel 2006 e nel 2007 l’Under 21 esce al primo turno, nel 2009 centra le semifinali, ma è un exploit.

Dal 2011 a oggi: solo delusioni

Il secondo decennio si apre nel peggiore dei modi possibili: l’Under 21 non centra neanche la qualificazione per gli Europei in Danimarca, eliminata dalla Bielorussia: 2-0 a Rieti, 0-3 in trasferta. E per la prima volta, dal 1980, l’Italia buca la qualificazione alle Olimpiadi. Casiraghi lascia a Ciro Ferrara e successivamente la panchina va a Devis Mangia che riesce a tornare a giocarsi una finale: è il 2013 e di fronte c’è una Spagna che è mette a nudo i limiti del nostro sistema. I giovani iberici sono già testati da esperienza da titolari nei top club e in Champions League. Nel 2015 altra delusione: agli Europei in Repubblica Ceca l’Italia esce al primo turno. Nel 2017, spinta dai giovani talenti di Chiesa, Bernardeschi, Petagna, Pellegrini e Donnarumma, gli azzurrini si arrampicano alle semifinali, ma la Spagna è ancora una volta più esperta. Il 2019 sembra l’anno buono: l’Italia organizza l’Europeo e la nazionale è davvero competitiva: Mancini, Barella, Pellegrini, Zaniolo, Chiesa, Locatelli, Bastoni, Tonali e Kean non bastano per superare il primo turno. E anche le Olimpiadi di Tokyo diventano un miraggio. Il resto è storia recente: Nicolato, nel 2021 si arrende nei quarti di finale con il Portogallo.

Italia, nazione non più calciocentrica

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Diciotto anni di sconfitte e delusioni: che qualcosa non stia esattamente andando come è lecito attendersi da una potenza calcistica europea (ammesso che l’Italia lo sia, considerando che ha bucato due mondiali consecutivi e dopo l’exploit a Euro 2021 non ha più trovato continuità di risultati), è evidente. La crisi affonda le radici in cause profonde che, prima o poi in federazione, andranno analizzate. Anche perché nel frattempo gli altri sport crescono, fabbricano talenti e mietono successi. Quanto basta per rendere l’Italia un paese sempre meno calciocentrico. Qualcosa sta cambiando ma il mondo del pallone, chiuso nella torre d’avorio di una superiorità ormai sempre più presunta, sembra non accorgersene.

 

 

Luigi Pellicone

43 anni, laureato in Lettere Moderne giornalista dal 2007. Da quando la serie A ha deciso di fare a meno del mio talento, ho riversato i miei lampi di classe nella scrittura. Seguo sport e politica sul campo senza soluzione di continuità. Circondato da sole donne in famiglia, mi preparo per le Olimpiadi fra 3000 siepi, salto in alto, in lungo e corsa a ostacoli, inseguendo, spesso invano, il mio inaffidabile labrador. Alle spalle, un paio di vite spese fra agenzie di stampa, quotidiani e siti web. Un presente e un futuro ovviamente, tutto da scrivere

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