Giulio Ciccone, ciclista per passione e cacciatore di tappe per vocazione, ha lasciato il segno. Una vittoria nella seconda tappa del Giro di Catalogna, tagliando per primo il traguardo in salita a Vallter. Una importante affermazione per il ciclista della Trek – Segafredo, anche e soprattutto per come è maturata. L’abruzzese si è imposto in volata su Roglic ed Evenepoel, non esattamente due qualsiasi, dopo una minifuga nell’ultimo chilometro.
Giulio Ciccone, classe 1994, ciclista con licenza di vincere e una carta di identità da predestinato. Le due ruote azzurre, a caccia di punti di riferimento in un periodo di buio generazionale, si erano affidate agli strappi di questo ragazzo che forse è rimasto schiacciato dal peso delle aspettative. Da fenomeno a specialista delle corse a tappe, il passo è stato breve ma il futuro è ancora tutto da scrivere anche se a 28 anni si fatica a parlare di giovane di prospettiva. Ciccone ne è consapevole e dopo un anno difficile, caratterizzato dall’exploit ottenuto nella tappa di Cogne al Giro, ma anche da un 25esimo posto piuttosto lontano dai presupposti della vigilia e delle aspettative, deve e può dimostrare più di qualcosa.
Con queste premesse, combinate alle perenni aspettative, sin troppo facile associare la vittoria a un buon Giro d’Italia, che comunque è il vero obiettivo stagionale di Ciccone. Il programma è stilato: già messa da parte l’idea di partecipare al Tour de France. Eppure proprio nella Grande Boucle, Ciccone ha sfiorato quello che sarebbe stato il successo più importante della sua carriera a Planches des Belles Filles e ha conquistato la maglia gialla indossata per due tappe. Sarà invece presente alla Vuelta di Spagna. In Catalogna ha iniziato a prendere le misure, complice anche una preparazione invernale che gli ha permesso di trovare immediatamente una buona forma.
Di Ciccone si è sempre detto e scritto molto, cambiando il giudizio con il trascorrere degli anni. Di certo è un ciclista da tappe, ma probabilmente non è, con i fenomeni che lo circondano (Pogacar, Vingegaard e Roglic su tutti), né può sperare di essere competitivo per una classifica generale. Ha sicuramente le potenzialità per entrare nella top ten del Giro, ma, come ha spesso dichiarato, preferisce alzare le braccia su un traguardo di tappa che piazzarsi nella graduatoria finale. Difficile contestarne le scelte, anche perché non perdere il contatto dalla realtà è ancora più importante del contatto con la ruota di chi lo precede…
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