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Da Lukaku a Umtiti e Zoro: quando il razzismo entra nel calcio

Esplode il caso Lukaku. Le orribili immagini del finale della gara di andata delle semifinali di Coppa Italia tra Juventus e Inter riaprono la questione legata al razzismo nel mondo del calcio. Un problema che in Italia sta diventando endemico. È di poche settimane fa la vicenda legata a Umtiti, quando il calciatore del Lecce ha lasciato il campo in lacrime in seguito agli insulti che gli sono stati rivolti dai tifosi della Lazio.

Una serie lunga e triste di episodi

A Lukaku è già capitato di essere al centro di polemiche legate a discriminazioni e pregiudizi. Esattamente come al calcio italiano che ha una lunga e triste serie di episodi. Nel marzo del 2022 è toccato al portiere del Milan, Mike Maignan, che è stato bersagliato da fischi e ululati durante la sfida contro il Cagliari. La sua reazione è arrivata su Instagram: una scimmia che fa il gesto dell’ombrello. Prima del portiere del Milan è toccato all’attuale calciatore del Chelsea, ex Napoli, Kalidou Koulibaly. Il centrale, in una sfida contro l’Inter, perde la testa dopo i tanti insulti piovuti dagli spalti. Prima prende un’ammonizione per una trattenuta all’avversario, poi il rosso per aver applaudito la decisione dell’arbitro. Un gesto, spiegherà, dettato dalla frustrazione. Squalificato, come da regolamento, ma sommerso di attestati di solidarietà.

Anche Moise Kean, nell’ultima parte di campionato della sua prima esperienza alla Juventus, è insultato dai tifosi del Cagliari e risponde sul campo, segnando ed esultando loro in faccia. Mario Balotelli ai tempi del Brescia, esasperato dai “buu”, calcia il pallone contro uno spicchio del “Bentegodi” a Verona, qualcosa di già visto qualche anno prima quando Prince Boateng, con la maglia del Milan, ha la stessa reazione verso una parte dei tifosi della Pro Patria.

Tutto il mondo è paese: Saka, Sancho, Rashford e non solo

Immagine | Epa

Il razzismo non è un problema che riguarda solo l’Italia. In Spagna, Vinicius, calciatore del Real Madrid, ha lottato quasi ogni settimana con l’intolleranza e la cattiveria dei tifosi avversari. Esattamente come il suo collega dell’Athletic Bilbao, Inaki Williams. Fischi e provocazioni tollerati da Dani Alves, che ha risposto a chi lo insultava in una sfida contro il Villarreal… mangiando la banana che gli era stata tirata dagli spalti.

In Inghilterra, uno dei casi più eclatanti legati alla discriminazione risale al 2021 e alla finale di Wembley quando la nazionale padrona di casa perde il titolo di Campione d’Europa ai calci di rigore contro l’Italia. Decisivi gli errori di Rashford, Sancho e Saka che sono stati presi di mira dagli haters e vittima di abusi mediatici a sfondo razzista per il colore della loro pelle. Anche Pogba è stato vittima dell’odio mediatico, ai tempi dello United. Ancora per un rigore sbagliato, in occasione di una sfida contro il Wolverhampton…

No basta, io esco

Immagine | Ansa

Il caso più eclatante in Italia risale però a un Messina – Inter del 2005. Protagonista, Marco Andrè Zoro che al 21’ della sfida contro i nerazzurri prende il pallone e se lo porta sottobraccio fra lo sguardo a metà fra l’incredulo e triste di compagni e avversari. Zoro non ne poteva più di sentire gli ululati razzisti. Il giocatore vuole far sospendere la partita. Adriano e Martins gli restituiscono la serenità per proseguirla. Una pagina tristissima. Ancor più amaro constatare che da allora sono passati più di quindici anni e poco o nulla sia cambiato…

Luigi Pellicone

43 anni, laureato in Lettere Moderne giornalista dal 2007. Da quando la serie A ha deciso di fare a meno del mio talento, ho riversato i miei lampi di classe nella scrittura. Seguo sport e politica sul campo senza soluzione di continuità. Circondato da sole donne in famiglia, mi preparo per le Olimpiadi fra 3000 siepi, salto in alto, in lungo e corsa a ostacoli, inseguendo, spesso invano, il mio inaffidabile labrador. Alle spalle, un paio di vite spese fra agenzie di stampa, quotidiani e siti web. Un presente e un futuro ovviamente, tutto da scrivere

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