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Fenomenologia di Alberto Tomba – Alberto I, re dell’Alberta

STORIE. Sono trentasette le medaglie d’Oro italiane alle Olimpiadi invernali e Olympialab, seguendo il rintocco del conto alla rovescia verso la Cerimonia di Apertura, vi propone ogni giorno il loro racconto: non pura cronaca ma una lunga storia sul filo dorato di 56 anni di Giochi Olimpici.

 

Fenomenologia di Alberto Tomba – Alberto I, re dell’Alberta

L’esplosione di Tomba avviene dopo l’estate del 1987; oltre alla naturale evoluzione, va per i 21 anni, due fattori sono fondamentali. La Federazione affida gli atleti dello Sci Alpino al professor Francesco Conconi che sin dall’inizio degli anni Ottanta ha gravitato intorno allo sport italiano con teorie e metodi al confine e qualche volta oltre l’etica sportiva e i regolamenti al punto che anni dopo fu indagato e riconosciuto colpevole per reati legati al doping per i quali il Tribunale non potè procedere per prescrizione. Con la preparazione fisica disegnata da Conconi il ragazzone di un metro e 82 centimetri per 85 chili perde qualche chilo ma soprattutto trasforma in muscoli la massa grassa che si dice scenda dal 17% al 10%. Tecnicamente nello Slalom vengono introdotti i pali snodabili che sembrano fatti apposta per la potenza di Tomba che può lavorare con gli sci sempre attaccati al terreno alla ricerca della massima pendenza e affrontare con il suo fisico senza timore i pali.

L’inizio della stagione che porta alle Olimpiadi di Lake Placid è pirotecnica. Il “figlio di papà, con grinta” come titola La Stampa vince lo Slalom di apertura a Sestriere ottenendo il miglior tempo in entrambe le manche e precedendo lo svedese Nilsson di 80 centesimi e l’austriaco Mader a 1”93. Due giorni dopo vince il primo Gigante della stagione nonostante un errore nella prima manche dal quale si salva miracolosamente (con il tempo si scoprirà che solo lui può farlo): secondo dietro Stenmark scavalca lo svedese nella seconda discesa e lo precede di 9 centesimi, terzo Gaspoz. “Intanto un centone me lo sono guadagnato” dice al traguardo riferendosi ai due premi da 50 milioni, nessuna vergogna a parlare di soldi, nessuna ipocrisia. Per i giornalisti è già diventato come Thoeni, più di Thoeni. Il 13 dicembre il Circo Bianco delle specialità tecniche si sposta in Val Badia, arrivano migliaia di appassionati nonostante prezzi tra le dieci e le quindicimila lire. La legge del bolognese vale per tutti nel Gigante della Gran Risa: nella prima discesa mette Pieren a 52 centesimi, Nierlich a 70, Gaspoz a 1”18. Tra una manche e l’altra parte con Michael Mair alla guida della Lamborghini di TeleMontecarlo. Gli dicono di andare piano nella seconda e lui aumenta il vantaggio. Alla fine Nierlich è a 76 centesimi, Gaspoz e Pieren appaiati a 1”75, Tomba, come aveva già fatto a Sestriere prima del traguardo alza il braccio a salutare la folla. “A me sembra di poter vincere ogni gara, anzi parto in ogni prova per vincere altrimenti non mi diverto”, dichiara Tomba e in vista dello Slalom lancia la prima delle sue filastrocche tra cabala e numerologia, “Non c’è due senza tre, e il quattro vien da sè”. Bepi Messner, responsabile della squadra azzurra, si coccola il ragazzone ma lo invita a “cambiare certe abitudini. Abituarsi a una dieta diversa, imparare a dormire ogni giorno un numero adeguato di ore”.

A Madonna di Campiglio, la quarta vien da sè e Tomba è più forte anche della sfortuna nella forma di un gancio degli scarponi che si rompe al cancelletto di partenza. Nulla lo può fermare. Nello Slalom ancora una volta è il più veloce in entrambe le manche, nella classifica finale Nierlich è ad una eternità, 1”34, Krizaj che pure dopo la prima discesa era solo a 3 centesimi è a 1”57. Ed è Tomba show: festeggia con una bottiglia di champagne come i piloti di Formula 1, si traveste da Babbo Natale. Un vulcano in attività. Giorgio Viglino su La Stampa gli riconosce il merito di continuare ad essere sè stesso nonostante i tentativi negli anni della Federazione di normalizzarlo perchè troppo diverso. “Credo di poter vincere anche la quinta. Penso di finire tra i primi tre in Coppa del Mondo”, ha le idee chiare il ragazzo ma il giorno del suo ventunesimo compleanno perde la prima gara della stagione, il Gigante di Kranjska Gora. Dopo aver fatto registrare il miglior intermedio inforca la quart’ultima porta della prima discesa. “Invece della cinquina, ho fatto tombola. E’ andata così. E’ inutile stare a pensarci, domani c’è un’altra gara”. Ci mette qualche ora Alberto ad assorbire il colpo poi si presenta a sorpresa al ristorante dove sono radunati i giornalisti italiani per spegnere le candeline con lo champagne. E l’indomani arriva la quinta, Slalom sempre a Kranjska Gora, primo Tomba, secondo Pramotton a 0”60, terzo Mader a 0”92. Arriva la benedizione di Stenmark, “Scia con uno stile semplice, sicuro ed efficace, privo di fronzoli. Non ha un suo stile particolare, ma deve avere un fisico di ferro che gli consente di far apparire facili anche gli ostacoli più insidiosi”. Parola di uno dei più grandi.

Alla ripresa delle gare dopo la pausa natalizia il Circo Bianco si ritrova a Val d’Isere, quello che è già diventato Tomba la Bomba vuole rimanere in testa alla classifica della sfera di cristallo e decide di impegnarsi nel SuperG. “Voglio piazzarmi tra i primi cinque”, sembra una spacconata perchè la disciplina non gli è congeniale ma pur sul tracciato da 100 km/h quinto arriva davvero, a 83 centesimi dal vincitore Markus Wasmeier, a soli 37 da Pirmin Zurbriggen. Ci si sposta in Austria, nella pazza cavalcata che sono questi mesi, Alberto si concede ore con sè stesso in un interminabile viaggio in auto. A Lienz è in programma il quarto Slalom della stagione, i primi tre li ha vinti lui. “Tomba battuto, è ‘soltanto’ secondo” titola il giorno successivo La Stampa concedendosi le virgolette per sottolineare l’eccezionalità dell’evento. Vince Gstrein che lo precede di 27 centesimi, qualcuno pensa che qualche freno psicologico, la volontà di arrivare in fondo pensando alla Coppa del Mondo, lo abbia rallentato. E’ martedì e l’appuntamento successivo e per il fine settimana a Bad Kleinkircheim, un’ora da Lienz. Alberto vuole staccare, chiede di andare a Cortina in quei giorni. Gli pesa perchè non sopporta di chiedere permessi per vivere la sua vita, lo ottiene ma va a Bologna, famiglia, amici, un paio di scappare in discoteca. Tomba è questo, prendere o lasciare. Nello Slalom, la domenica ritorna a vincere. E come vince. Nella prima manche il più vicino è Stangassinger a 69 centesimi, nella seconda è Gstrein a 1”34. “Sembrava una gara di Gigante, venivo giù come una freccia. Glielo volevo dire al Tino (Pietrogiovanna) che aveva esagerato nel tracciare. Poi per non perdere tempo gli ho buttato il ‘Dimmi che vado bene, per Dio’”. Vince per dispersione: il secondo Stangassinger è a 2”14, Gstrein a 2”32. Inizia però a girare la voce che ci sia guerra con gli altoatesini della squadra, difficile reggere l’impatto di una simile esplosione. Ma non c’è tempo per capire quanto ci sia di vero, dopo due giorni si è di nuovo in pista nel Gigante di Saas Fee. Tomba primo, Mader a 1”93, Mayer a 2”31. Prima di viaggiare al di là dell’Oceano per le Olimpiadi Alberto salta nel SuperG di Leukerbad ed è nono in uno strano Gigante in un catino ghiacciato sotto la pioggia battente a Schladming.

L’arrivo di Tomba a Calgary non è di quelli da ricordare; una discutibile organizzazione della delegazione italiana lo spara appena sceso dall’aereo, in Italia sono le tre di notte, in una conferenza stampa dove tutti i media esteri lo aspettano al varco. Lo stropicciato ragazzo perde l’occasione di diventare un personaggio, di essere sè stesso e annega nelle banalità. In più è deluso dal non essere riuscito a partecipare alla Cerimonia di Apertura e, come tutta la squadra italiana, è scaraventato a 500 chilometri, località Panorama, Fortress Mountain. Il luogo giusto per mandarlo in corto circuito. “Ma le Olimpiadi dove sono?” si chiede Alberto. Dopo due giorni inizia ad organizzarsi, telefona e riesce a fare arrivare da Calgary il cuoco italiano che seguiva gli altri azzurri. Si ritrova sulle spalle il peso del salvatore della patria, cerco di scrollarselo a modo suo, la Federazione mal sopporta il fatto di non riuscire a normalizzarlo. Fatto è che alla vigilia del SuperG, prova dove al massimo è arrivato quinto, l’Italia “pretende” l’Oro. Il suo esordio olimpico dura sei secondi prima che alla terza porta esca di gara: “Il grande Tomba ha fatto cilecca” titola La Stampa. “Prima della gara mi ero dichiarato allegro, perchè questi sono Giochi, e dunque si deve giocare. O no? Quando sono uscito mi sono detto: i Giochi sono fatti”. E Tomba inizia a fare sul serio, per ricaricarsi organizza il concorso di Miss Casa Italia e poi telefona alla mamma promettendole due medaglie.

E arriva il 25 febbraio, il giorno del Gigante che si chiuderà con Alberto che urla “Dio caro ce l’ho fatta, sono il più forte del mondo” proclamandosi “Alberto I, re dell’Alberta”. Ma facciamo un passo indietro. Nella prima manche parte prudente poi nell’ultima parte, piana ma dalle porte angolate, cambia marcia e rifila a Strolz 1”14, a Zurbriggen 1”66. Nelle quattro ore che precedono la seconda discesa, Tomba scambia impressioni con qualche giornalista. “Ho sciato bene, in attacco e bene, specie nella seconda parte. Sul piano potevo appoggiare poco gli sci perchè partire con il numero uno significa non trovare tracce: ma è stato un problema da poco”. Si rifugia in una camera d’albergo, telefona a casa e ritorna in partenza per i soliti riti. Parte Zurbriggen, lo scavalca Strolz poi tocca a lui. Ci mette la testa, non deve spaccare, concede per 10 centesimi la vittoria di manche ma il trionfo è suo, E parte la festa, il bagno di folla che abbatte il protocollo ufficiale. In sala stampa è tornato la Bomba, “Scusate, ma perchè non avrei dovuto vincere io?”. Si festeggia fino a mattino fatto, tra spaghetti e Lambrusco, marchette per gli sponsor seguiti dal viaggio in macchina fino a Fortress Mountain. Facendo baracca, Tomba cerca di spiegarsi al mondo, “Il mio carattere è speciale, e mi aiuta a essere diverso dagli altri e perciò a vincere: io accelero quando la regola è di frenare. Se mi cambio dentro, di testa e poi di muscoli, magari non faccio più risultati”.

“Nello speciale mi butto giù dicendomi che il bronzo va già bene, se finisco la gara faccio il gran tempo”. Il pettorale di partenza, l’undici non è eccezionale anche perchè il caldo ha smollato la neve. Al termine della prima manche è terzo, il tedesco Worndl lo precede di 63 centesimi, lo svedese Nilsson di 18. Inizia a nevicare, quasi in modalità bufera e Tomba fa quello che non ti aspetti. Va a lezione da Ingemar Stenmark, con Thoeni il più grande della storia tra i pali, va a lezione di ricognizione. E’ tempo della seconda manche. Alberto chiede di spegnere le radio, non vuole sentire i tempi degli altri. Quando va al cancelletto, inizia a suonare la sua sinfonia. Al traguardo è sicuro della medaglia, precede l’austriaco Gstrein di 61 centesimi. Lo svedese Nilsson non ha i nervi di acciaio e paga la pressione, perde quasi un secondo, nel computo totale paga 76 centesimi ad Alberto e scivola anche dietro a Frommelt e al connazionale Stenmark. Scatta Worndl, all’intermedio ha ancora un buon vantaggio, tutto si gioca nelle ultime porte: 6 centesimi, un alito di vento danno a Tomba il secondo oro. L’azzurro passa dalla incredulità alla gioia sfrenata. La sera durante la premiazione gli scende una lacrima, e con quella lacrima se ne va l’alieno spensierato di quegli anni. Da quel momento tutto cambia; si parla di sponsorizzazioni miliardarie. Lui che ha sempre deciso le sue bravate, viene praticamente costretto dalla ABC ad una recita che non gli appartiene: deve andare al Palazzo del Ghiaccio e incontrare la splendida tedesca Katarina Witt, lo show business chiede il gossip. La tedesca orientale si vede arrivare questo ragazzone con due medaglie d’Oro al collo e anni dopo confesserà di averlo trovato ridicolo e di averlo smontato con un “Chi sei tu? In che sport hai vinto?”. Tutto cambia, Alberto da Castel de Britti, Alberto I dell’Alberta è destinato a lasciare il campo ad altri Tomba.

  (14. continua)

Contenuto ceduto in esclusiva dall’agenzia alaNEWS. Riproduzione vietata. Anno 2014.

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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