Jacobs alza… lo scudo: come funziona e a cosa serve

Marcell Jacobs fissa obiettivi ambiziosi. Vuole scrivere la storia dell’atletica e provare a raggiungere i nove secondi e 58 centesimi di Bolt. Sembra un traguardo impossibile, ma è anche vero che si parla di un velocista capace di limare i decimi di secondo lavorando sulla frequenza di passo: quattro e mezzo al secondo per vincere la medaglia d’oro a Tokyo, con una punta di velocità massima di 42,3Km/h. Risultati figli dell’allenamento e del famoso “scudo” che servirà al centometrista per difendere la medaglia conquistata in Giappone. Ma cos’è e come funziona questo strumento?

Una gabbia aerodinamica

Il famoso scudo, che tanto spesso abbiamo visto Jacobs inseguire nelle sue sessioni di allenamento, è una sorta di galleria del vento in scala ridotta sviluppata dall’Istituto di Scienza dello Sport per garantire e monitorare la correttezza nell’esecuzione del gesto tecnico, nonché permettere all’atleta di correre riducendo drasticamente la resistenza aerodinamica sfruttando la scia dell’autovettura. In pista, ciò si traduce in una stimolazione neuro muscolare, figlia del raggiungimento, a parità di potenza impiegata, di velocità superiori a quelle della gara. I vantaggi? Un allenamento alla “supervelocità” nel modo più specifico possibile all’interno di una struttura che permette di analizzare la tecnica di corsa attraverso un monitoraggio garantito da un sistema di rilevamento ottico.

Un prodigio di ingegneria applicata allo sport

Immagine | Epa

“Scudo” è un concetto semplificato quanto ingeneroso, perlomeno nei confronti degli studi impiegati per concepire uno strumento di così alta ingegneria applicata allo sport. Fra l’altro, l’idea è “Made in Italy”. Nasce dall’intuizione di Federico Gori, ex studente di ingegneria aerospaziale del Politecnico di Milano. Entrando nei dettagli, la “gabbia” ha un sistema di rilevamento ottico con due barre, una trasmittente e una ricevente. Entrambe contengono 96 led che, su frequenza di luce infrarossa, entrano in comunicazione. Il movimento dell’atleta, che la “interrompe” con il suo passaggio, permette di generare in modo pressoché perfetto (un millesimo di secondo di margine di errore) posizione e velocità, traducendosi in una sorta di gigantesca lente di ingrandimento sull’allenamento.

La frequenza di Jacobs

Marcell Jacobs
Immagine | Instagram

Dalla posizione dei led interrotti si stabilisce ogni tipo di movimento. Nel caso di Jacobs, il sistema è stato ovviamente personalizzato con alcuni software capaci di elaborare in tempo reale tutte le informazioni. Un sistema che permette di scoprire dove e quali siano i margini di miglioramento dell’atleta. Secondo i calcoli del tecnico Camossi, è sufficiente incrementare di due centimetri ogni appoggio per guadagnare un decimo. Non sarebbe ancora il 9’’58 di Bolt ma a conti fatti un 9’’70 che rappresenterebbe comunque un grandissimo risultato, probabilmente sufficiente per difendere l’oro…

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