Primavera: caldo, possibilità di allenarsi e correre all’aperto. Così i tantissimi runners possono tentare di migliorare i propri primati personali. Ai professionisti invece, il compito di limare qualche secondo nella maratona, specialità faticosa, affascinante tanto da essere diventata oggetto di studio. Il paragone con la matematica non è più così azzardato.
La maratona è matematica? Se n’è spesso parlato ma gli ultimi risultati legati alle prestazioni degli specialisti dimostrano chiaramente che il calcolo è applicabile, e anche con successo, alla corsa. Questione di distanze e misure: spazi e chilometri che si intersecano con minuti e secondi. Ed esiste anche una formula precisa per arrivare a percorrere tutti i 42,195 chilometri nel tempo che ci si è prefissati. Oltre alla calcolatrice, però, servono costanza, allenamento, pazienza e preparazione. Nulla può essere lasciato al caso: una mezza maratona si può, al limite, anche improvvisare, ma per arrivare a percorrere la distanza della madre di tutte le corse olimpiche, occorrono dalle 12 alle 20 settimane di allenamento quotidiano. Legato, naturalmente, al volume di chilometri da percorrere: dai 100 ai 200 ogni sette giorni.
Le regole sono piuttosto semplici ma fondamentale è la capacità di resistenza. Esistono infatti delle tabelle precise che aiuteranno a percorrere tutti i 42mila e 195 metri. In primis, impossibile correre 4 minuti a chilometro per più di 10 chilometri. Non è un caso che nessun maratoneta sia più veloce nella seconda parte di gara rispetto alla prima. E questo perché occorre abbattere il “muro” della fatica che, se affrontato senza criterio, rischia di essere insormontabile. In questo senso i più esperti consigliano di essere più lenti di circa 12-15’’ a chilometro per i primi 21, rispetto alla mezza maratona. In termini di tempo, si traduce in circa 4’ in più, tutti guadagnati però per reggere senza stress la seconda parte di gara a ritmo costante.
Quasi tutti i runners utilizzano il gps per monitorare i progressi. Ecco, meglio aggiungere 2 o anche tre secondi a chilometro rispetto a quanto riporta il GPS, strumento senza dubbio utile ma a volte leggermente impreciso perché durante la corsa, anche inconsapevolmente, si tende ad allungare il percorso, impostando male una traiettoria o deviando dalla linea di passaggio. Se si è in difficoltà fisica, meglio calcolare la media del tempo che sarà necessario per chiudere i 42km e monitorare se, nell’arco dei due o tre chilometri, si è più lenti, e di quanto, dei precedenti. Se i calcoli non tornano, è evidente che si è in deficit, quindi meglio fermarsi, bere e mangiare prima di considerare, qualora la sensazione continuasse, il ritiro.
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