La politica entra a piè pari nello sport Olimpico. Non era mai successo, ma è accaduto all’ONU. Nella sede del Palazzo di Vetro, l’assemblea ha proclamato la tradizionale tregua olimpica, ma con un metodo che definire poco ortodosso è eufemistico.
Storicamente il voto si raggiunge all’unanimità. Questa volta, però, le nazioni presenti erano solo 120. E la proposta è stata votata con 118 voti a favore e due astensioni. Si tratta del sostegno più basso della storia. Neanche alla vigilia dei Giochi del 1994, quando il conflitto balcanico insanguinava l’Europa, si era toccata una quota così bassa. In questo senso molto è dipeso dalla Russia che ha chiesto e ottenuto di andare al voto convincendo, con immaginabili pressioni legate alla battaglia del grano, l’Africa a non partecipare. E così 42 su 54 non si sono presentati al voto mentre Mosca e Siria si sono astenuti.
Politica al lavoro anche per Thomas Bach, che sembra destinato a guidare per (almeno) altri quattro anni il CIO, dopo aver passato già 12 anni al comando del Comitato Olimpico Internazionale. Tuttavia, le regole sono scritte per essere cambiate e nell’ultima sessione di Mumbai sembra si siano costruite le basi per una riforma che potrebbe avere importanti ripercussioni anche nello sport italiano. Alcuni paesi, per la precisione Algeria, Repubblica Dominicana e Djibouti, hanno avanzato la proposta di una revisione della carta olimpica in modo da estendere il limite a 16 anni. Proposta che Bach ha semplicemente “recepito”. Un gioco politico vecchio quanto le Olimpiadi, già sperimentato con successo da Gianni Infantino alla FIFA. È tutto molto semplice: due o tre paesi poco influenti avanzano proposte che in realtà appartengono ai “big”.
La soluzione che sta prendendo corpo al CIO è vista con interesse anche in Italia dove l’attuale presidente del CONI, Giovanni Malagò, dovrebbe lasciare la presidenza del Comitato Olimpico Nazionale Italiano dopo i giochi olimpici di Parigi 2024. Qualora il CIO decidesse di cambiare le regole, si rimescolerebbero le carte. E tutto lascia credere che l’attuale numero uno dello sport italiano potrebbe anche restare al suo posto. Ma, c’è sempre un ma, a meno che la riforma non entri in vigore entro la metà del 2024. Superata quella data, a quel punto non ci sarebbe più spazio per lui, unico a dover soggiacere al limite di mandati che resta valido solo per il Comitato Olimpico e non per le Federazioni.
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