Calcio

Paolo Maldini e il Milan, non è la prima volta che succede

Paolo Maldini e il Milan, ci risiamo: definire “complicato” il rapporto, prima da giocatore e poi da dirigente, con il club rossonero, di cui è stato una bandiera, è riduttivo. Anche se per certi versi, l’addio non sorprende: prima in calzoncini e maglietta, poi in giacca e cravatta, Maldini non è mai sceso a compromessi.

Pensieri e parole da uomo libero

Maldini si è sempre definito un uomo libero di esprimere opinioni, a volte e se necessario, anche scomode, difendendo le proprie idee anche a costo di fare un passo indietro. Meglio che stringere forzatamente una mano. Non a caso, aveva rifiutato la prima offerta da parte del Milan. E non ha risparmiato critiche neanche all’ex presidente Silvio Berlusconi, definito senza mezzi termini “grandissimo ma anche inelegante” nei suoi commenti alla squadra. Memorabile anche il “no” alla proprietà cinese: in quella occasione, la bandiera rossonera ha prima nicchiato e poi optato per lasciar cadere l’offerta  perché “i dirigenti devono fare i dirigenti”, inquadrando a modo suo una situazione che gli era apparsa poco chiara.

Quell’addio tra fischi e orgoglio

Immagine | Ansa

Anche il rapporto con una certa frangia della tifoseria è stato spesso contraddittorio. La resa dei conti con una parte della curva arriva il 24 maggio del 2009, quando la sfida contro la Roma è anche l’ultima partita di Paolo Maldini con la maglia del Milan. Un giorno che doveva essere una festa ma che si è trasformato in un evento dal retrogusto amaro. Il numero “3” nel suo giro di campo si è trovato di fronte a una vera e propria mini contestazione: alcuni fischi piovuti dalla curva lo hanno ferito ma non piegato. La risposta a chi lo ha offeso è stata glaciale: “Con il tempo ho capito che quello è stato un successo perché quella situazione ha marcato una linea ancora più grossa fra me, chi sono io e un certo tipo di calcio”.

Bandiere ammainate

Se può essere di consolazione, Maldini non è neanche la prima bandiera ammainata dopo un’esperienza da dirigente. Una sorte molto simile è toccata a Francesco Totti, che ha lasciato la Roma, così come Giancarlo Antognoni alla Fiorentina e Sandro Mazzola all’Inter. Clamoroso anche l’addio di Roberto Baggio alla FIGC e, restando sempre in casa rossonera Gianni Rivera e poi a Zvonimir Boban, che proprio con Maldini aveva iniziato una esperienza che ha chiuso qualche anno prima di essere… raggiunto. Resta da capire se, come e quando per Maldini si aprirà un altro capitolo.

Luigi Pellicone

43 anni, laureato in Lettere Moderne giornalista dal 2007. Da quando la serie A ha deciso di fare a meno del mio talento, ho riversato i miei lampi di classe nella scrittura. Seguo sport e politica sul campo senza soluzione di continuità. Circondato da sole donne in famiglia, mi preparo per le Olimpiadi fra 3000 siepi, salto in alto, in lungo e corsa a ostacoli, inseguendo, spesso invano, il mio inaffidabile labrador. Alle spalle, un paio di vite spese fra agenzie di stampa, quotidiani e siti web. Un presente e un futuro ovviamente, tutto da scrivere

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