Doping: caso Haidane, la FIDAL deve qualche spiegazione

TORINO. Il caso Haidane, il mezzofondista marocchino con passaporto italiano del quale oggi è stata comunicata ufficialmente dal CONI la positività, nel primo campione analizzato, al Tuaminoeptano in seguito al controllo in competizione disposto dalla FIDAL, il 23 febbraio 2014 ad Ancona, in occasione dei Campionati Italiani Indoor. (da Coni.it), necessariamente suscita qualche domanda. Del caso, o di un presunto caso, si iniziò a parlare quando vennero diramate le convocazioni per i Campionati Mondiali Indoor di Sopot e nella lista mancavano tre nomi di atleti che avevano ottenuto il minimo. L’ombra del doping, ricordiamo, fu sollevata per la prima volta da Andrea Buongiovanni (ab era la sigla nel trafiletto) sulla Gazzetta dello Sport ma mancavano le conferme. Gli assenti erano Gibilisco che però nel corso dell’annata non aveva mai gareggiato, la Chigbolu reduce da una frattura da stress al malleolo e, appunto, Haidane che secondo quanto riportato dalla stessa Gazzetta a detta del suo coach Giorgio Rondelli aveva avuto un incidente con il motorino.

Secondo la ricostruzione fornita dallo stesso Rondelli oggi a Track and Field Channel “il controllo ad Ancona è stata fatto dal CONI e Haidane ha comunicato alla Federazione il farmaco che aveva assunto. Il medico federale ha dato l’allarme che questo farmaco poteva dare anche una positività per stimolante. Non è stato convocato per i Mondiali e, siccome le analisi non erano state ancora fatte si è trovato un escamotage per non rivelare il motivo della mancata convocazione”.

La posizione “postuma” (cioè di oggi) della FIDAL coincide fino alla mancata convocazione come si legge sul sito FIDAL “Successivamente agli Assoluti di Ancona del 22 e 23 febbraio scorso, la Direzione Tecnica FIDAL è stata informata dall’atleta circa l’assunzione di un farmaco senza la preventiva comunicazione allo Staff Medico Federale. Tale comportamento, indipendentemente dagli effetti derivanti dall’assunzione di tale farmaco, è stato ritenuto sufficiente per non convocarlo per i Mondiali”.

Una domanda sorge spontanea: su un tema così delicato come il doping ci si attenderebbe che una Federazione non concorra nel “trovare escamotage” soprattutto se come ci viene raccontato non vi è nulla da nascondere se non una negligenza per un malaccorto consiglio del farmacista del paese. Il fatto che si sia arrivati alla decisione di non convocare l’atleta sulla base del comportamento scorretto è lecita ma sarebbe stato opportuno informare al momento delle ragioni di questa decisione soprattutto se non legate ad una positività. Il fatto che si sia consentito, e secondo la versione di Rondelli concorso, a trovare un escamotage non depone a favore della chiarezza. Nella lotta al doping si auspica che almeno le Federazioni agiscano con la massima trasparenza e non trovando escamotage per nascondere le ragioni delle loro decisioni aspettando che passi la nottata o che il CONI comunichi l’esito di un controllo antidoping.

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