Pugilato, dilettantismo di stato all’italiana

Erano gli anni Settanta e il pugile cubano Teofilo Stevenson vinceva tra titoli olimpici consecutivi nel Pugilato, categoria Massimi. Nel 1972 a M0naco su 11 titoli olimpici solo due andarono a paesi occidentali, gli altri divisi tra cubani e paesi del blocco sovietico: pugili tutti in età avanzata (almeno sportivamente). Erano gli effetti del dilettantismo di stato (qualcuno prefriva chiamarlo professionismo di stato): atleti che non potendo per legge avere un futuro nel pugilato professionistico continuavano a rimanere dilettanti preparandosi a tempo pieno, senza preoccupazioni economiche alimentati, curati ed alloggiati a spese dello Stato o delle Forze Armate.

Quaranta anni fa avveniva questo, ora se esaminiamo il risultato dei Campionati Mondiali AIBA di Pugilato che si stanno svolgendo ad Almaty si vede come la situazione del Pugilato azzurro non sia troppo differente. Saranno tre le medaglie che arriveranno, da domani sapremo il colore: Roberto Cammarelle, Clemente Russo e Domenico Valentino. Il gigante di Cinisello Balsamo ha 33 anni e ha iniziato a calpestare ring di livello mondiale alle Olimpiadi di Atene 2004; è al suo quinto mondiale dove ha vinto due medaglie d’Oro e un Bronzo prima di Almaty. Clemente Russo ha 31 anni, in passato ha avuto, dopo Pechino 2008, tentazioni di professionismo, è anche lui al suo quinto mondiale con un’Oro di Chicago 2007. Il più giovane è Domenico Valentino, 29 anni, al suo quinto mondiale e alla sua quinta medaglia consecutiva. Della spedizione facevano parte anche Vicenzo Picardi (30 anni l’altro giorno), Vittorio Jahyn Parrinello (30 anni).

Tra i giovani negli anni scorsi si è messo in luce Vincenzo Mangiacapre, ventiquattro anni, arrivato dopo qualche tentennamento e un cambio di categoria ai quarti di finale come Manuel Cappai (21 anni). Troppo poco per dare linfa al movimento.

Del tema se ne è occupato oggi con molto acume Dario Torromeo su BoxeRingWeb: “L’Italia continua a vivere alimentandosi del suo passato e senza mai guardare al futuro. Ma attenti, l’analisi dei risultati va fatta tenendo sempre a mente il quadro intero della situazione. Questi sono Mondiali di transizione. Il meglio del dilettantismo è passato professionista. Sette vincitori olimpici di Londra 2012 hanno scelto di testare il loro valore assoluto. Tante altre medaglie dei Giochi li hanno seguiti su questo percorso. I nostri no. Non lo fanno ormai dal 2004. Sono eterni dilettanti. Cammarelle, Russo e Valentino (i signori del podio) hanno collezionato in tre quasi settecento match in maglietta!”. Le conseguenze, quasi fatali, sul movimento sono almeno due: manca la linfa vitale al pugilato professionistico italiano che sta scomparendo e le lunghe militanze in almeno metà delle categorie del programma fanno sì che si sia formato una sorta di blocco alla crescita di altri pretendenti. Il rischio è quello di trovarsi dopo le Olimpiadi di Rio con il vuoto pneumatico.

 

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