Una domenica di singolare doping

TORINO. Il caldo pomeriggio della domenica non inizia benissimo: il dato di fatto è che il kenyano bianco Chris Froome aggredisce il Monte Calvo con lo stesso tempo (48’35) fatto registrare nel 2002 dall’eroe fasullo Lance Armstrong, miglior performance del XXI secolo, mentre la fantascienza parla di 46 minuti nel 1994 di Marco Pantani, altro eroe di cartapesta. Se la prestazione di Froome fa riflettere per il suo essere al limite tra l’umano e il superumano, la botta definitiva viene data poco dopo da uno dei canali del digitale terrestre targato tv di stato che nelle sue Memorie presenta uno dei tanti duelli-fiction tra il texano e il mito di casa nostra senza il minimo commento critico. Si può discutere, come si sta facendo, sulla retroattività dei provvedimenti mentre la condanna morale sarebbe d’uopo.

Ma siamo solo all’inizio di un pomeriggio di un giorno da cani che si trasforma presto in sera. Dopo le prime indiscrezioni di sabato, Tyson Gay convoca una teleconferenza stampa ed informa di essere stato trovato positivo ad un controllo fuori competizione. Il contorno è surreale: il primatista mondiale stagionale non attende le controanalisi ma non rivela nulla, sa che cosa è entrato nel suo corpo ma recita di essersi fidato troppo di qualcuno.

Quattro ore dopo la scena viene rimpiazzata dalle notizie che rimbalzano dalla Giamaica e passano da Lignano dove in questo momento si trova il team MVP di Stephen Francis come d’abitudine. Cinque atleti giamaicani, cinque, sono risultati positivi ai Trials del 23 giugno. Tra di loro Asafa Powell e Sheren Simpson. Il peccato appare veniale anche perchè i due si premurano di comunicare ai quattro venti che si tratta di uno stimolante, un doping da corse amatoriali, ingerito inconsapevolmente. E la domenica sera si trasforma in un quadro di Magritte. ‘A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca’ diceva Giulio Andreotti dopo aver scippato la frase al cardinal Mazzarino. Iniziamo dai fatti: positività comunicata domenica 14 luglio come recita il comunicato di Sheren Simpson, alle 19 Asafa Powell promette indagini all’interno del team, un’ora dopo il presunto colpevole, un preparatore atletico arrivato a Lignano a maggio, è già in stato di fermo e la causa è un integratore. Un mese fa Veronica Campbell Brown fu trovata positiva ad un diuretico e scoppiò la polemica sulla bontà dei controlli antidoping in casa Giamaica, quella Giamaica che ha come primo attore tra gli uomini-jet un certo Usain Bolt. Gran polverone e un mese dopo la Federazione caraibica dimostra tutta la sua capacità nell’affrontare il problema con questa maxi-operazione distogliendo l’attenzione da chi ai Campionati Mondiali di Mosca deve essere protagonista, sponsor docet, e di un certo Nesta Carter, anche lui del team di Asafa ma sebbene citato ieri dai media italiani apparentemente fuori dalla rete, che sabato sera ha fermato i cronometri su 9″87.

Abbiamo fatto qualche ricerca e, vedi le coincidenze, situazione analoga avvenne nel 2009 prima dei Mondiali di Berlino, quelli dove SuperBolt stampò il 9″58 e il 19″19 che sono ancora nella tabella dei primati mondiali. All’epoca cinque velocisti furono trovati positivi ai Trials, sembra che l’antidoping da quelle parti funzioni solo in questa occasione, tra di loro Yohann Blake; ne seguì un polverone che durò fino alla vigilia dei Mondiali oscurando ogni altro fatto per poi concludersi con una squalifica di tre mesi. La storia si ripete, i dubbi crescono anche per chi prova ad essere garantista.

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