Eroi moderni

Ciclismo, addio a Bahamontes: chi era l’Aquila di Toledo

Il ciclismo mondiale e quello spagnolo piangono la perdita di uno dei suoi eroi più memorabili: Federico Martín Bahamontes, l’Aquila di Toledo, ha lasciato questo mondo all’età di 95 anni, ma le sue imprese resteranno per sempre nella storia dello sport a due ruote e delle grandi corse a tappe. Nel suo curriculum, un Tour, un Giro d’Italia e due Vuelta di Spagna.

Bahamontes, una Leggenda con la L maiuscola

Bahamontes è stato più di un ciclista. Una leggenda. Primo spagnolo a vincere il Tour de France (era l’edizione del 1959) e ad andare in bicicletta al Bernabéu come tributo dopo aver vinto il Giro di Francia. Considerato, al di là delle Alpi, il miglior scalatore della storia della Grande Boucle, ha vinto per ben sei volte la maglia a Pois. Al netto dei successi, Bahamontes è stato il punto di riferimento sportivo e l’orgoglio di una generazione di spagnoli appena usciti dalla Guerra Civile che lo stesso ciclista ha vissuto. Non è stata una infanzia facile, la sua: ha lavorato sin dall’età di 12 anni dedicandosi, per sua stessa ammissione, a qualsiasi iniziativa commerciale che gli potesse fruttare del denaro, compresa anche un’esperienza al mercato nero, sfuggendo ai severi controlli della Guardia Civile. Le sue imprese, per una Spagna ancora poco abituata vedere un suo ciclista tagliare il traguardo prima degli altri, rese l’Aquila di Toledo un personaggio amatissimo e popolarissimo.

Un fuoriclasse anche di umorismo

Immagine | Epa

La vera eredità di Bahamontes va ben oltre il suo ampio palmares. Famoso per la sua mancanza di modestia e il sarcasmo, amava più raccontare le sue imprese che vincere, soprattutto a chi non lo aveva mai visto correre in bici. Storie che trasudavano sudore e fatica: memorabili, le sue liti con Loroño, i suoi attacchi al limite dello sforzo fisico e della logica, in un ciclismo molto diverso da quello attuale. Indimenticabile il giorno in cui ha aspettato i suoi rivali in cima a La Romeyére mangiando un gelato. Ed è proprio la sua personalità strabordante a spingerlo a chiedere, e a ottenere di vedere dal vivo e, come amava sottolineare, “da vivo”, una statua al Paseo del Miradero, collocata nel 2018, esattamente dove voleva, che lo raffigura nello sforzo, sollevato sui pedali della sua bicicletta. Lo stesso luogo che, da qualche ora, è ovviamente diventato un luogo di pellegrinaggio obbligato per tutti gli appassionati di ciclismo che si sono arrampicati salutare un pezzo di storia della Spagna.

Luigi Pellicone

43 anni, laureato in Lettere Moderne giornalista dal 2007. Da quando la serie A ha deciso di fare a meno del mio talento, ho riversato i miei lampi di classe nella scrittura. Seguo sport e politica sul campo senza soluzione di continuità. Circondato da sole donne in famiglia, mi preparo per le Olimpiadi fra 3000 siepi, salto in alto, in lungo e corsa a ostacoli, inseguendo, spesso invano, il mio inaffidabile labrador. Alle spalle, un paio di vite spese fra agenzie di stampa, quotidiani e siti web. Un presente e un futuro ovviamente, tutto da scrivere

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