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    Home»Notizie»Doping: la scorciatoia? L’esenzione terapeutica
    Notizie

    Doping: la scorciatoia? L’esenzione terapeutica

    Massimo BrignoloBy Massimo Brignolo21 Settembre 2013Updated:4 Luglio 2022Nessun commento3 Mins Read

    TUEDOPING & CO. I casi sono due: o la pratica sportiva di alto livello fa male alla salute oppure il movimento si trova ad affrontare un grave problema che prende il nome di TUE (Therapeutic Use Exemption), più semplicemente in italiano esenzione terapeutica. Il Codice Mondiale Antidoping prevede nel caso che gli atleti soffrano di determinate patologie che richiedono l’uso di medicinali inclusi nella lista delle sostanze proibite la possibilità di richiedere l’autorizzazione all’uso per fini terapeutici. E’, inoltre previsto, che in caso di episodi acuti l’autorizzazione, la cui accettazione non è comunque garantita al 100%, possa avvenire dopo l’assunzione della sostanza. Sembrerebbe un principio equo ma, come vedremo, può dare, e sicuramente dà, luogo ad applicazioni molto disinvolte.

    Partiamo dal racconto del ciclista Tyler Hamilton che nel suo libro La Corsa Segreta, da qualche mese disponibile anche nella versione italiana, funge da novello Caronte nella visita al girone dei dannati del doping del quale ha fatto per anni parte: “Un altro modo di farla franca era l’uso del TUE. I medici della squadra inventavano qualche disturbo-fantasma – un ginocchio malconcio, il soprassella infiammato – prescrivendo l’uso di cortisone. L’unico problema era ricordarsi la scusa che era stata utilizzata. Era il ginocchio sinistro o quello destro? Qualche volta prima della corsa dovevo andare a controllare i documenti per essere sicuro di quello che avrei dovuto dichiarare”.

    Il dubbio per gli osservatori più attenti è sempre stato presente ma, se non bastasse il racconto di Hamilton, qualche cifra ufficiale non può che trasformarlo in qualcosa vicino alla certezza. Per rimanere nel ciclismo, il rapporto indipendente della WADA, l’Agenzia Mondiale Antidoping, sul Tour de France 2010 evidenzia come, su 219 partenti, ben 122 ciclisti si siano presentati al via con una esenzione terapeutica e 22 dichiarazioni di uso urgente si siano aggiunte durante la gara. La grande maggioranza riguardava l’uso di sostanze per patologie come allergie o asma con qualche eccezione per infezioni intestinali e problemi dermatologici; a farla da padrone i glucocorticosteroidi.

    Si esce dal ciclismo con il rapporto indipendente, sempre della WADA, sulle Olimpiadi di Pechino: 813 richieste di TUE, 781 delle quali approvate per l’utilizzo di Beta-2 agonisti come il Salbutamolo che pur avendo come indicazione principale il trattamento delle sindromi asmatiche ha effetti secondari come l’azione anabolica, la diminuzione della massa grassa e un’azione stimolante. In 711 casi i Beta-2-agonisti erano stati assunti in combinazione con corticosteroidi attraverso inalazione. Numeri da far tremare l’intero castello dello sport.

    Gli ultimi dati disponibili pubblicati dal CONI sull’attività delle strutture antidoping italiane si riferisce al 2011: in quell’anno vennero riscontrati in Italia 66 casi di positività conclamata ben 40 dei quali archiviati per la presenza di una autorizzazione all’utilizzo terapeutico. In quell’anno arrivarono ben 500 richieste di esenzioni e 141 certificati di avvenuta assunzione il 59% dei quali per corticosteroidi, il 28% per Beta-2-Agonisti. Dal calcio arrivò un terzo delle richieste di TUE, dal ciclismo quasi il 50% dei certificati di avvenuta assunzione.

    Un mondo decisamente malato, in tutti i sensi.

    beta-2-antagonisti Coni corticosteroidi Doping TUE WADA
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    Massimo Brignolo

    Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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